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100 anni Prisco, il figlio: “La sua vita tra l’Inter e gli Alpini. In guerra…”
Peppino Prisco avrebbe compiuto oggi 100 anni. L'indimenticato vicepresidente nerazzurro, rimasto nel cuore dei tifosi per il suo spirito e la grande ironia, verrà omaggiato nel pomeriggio a Milano. «Mi meraviglia sempre che sia ricordato con tanta partecipazione. Non è scontato», dice il figlio Luigi Maria in una intervista concessa al quotidiano TuttoSport.
La gente ricorda soprattutto la grande ironia di suo padre?
«Viene spesso citata questa capacità di sdrammatizzare del Peppino, come l’ho sempre chiamato alla lombarda. Ma prima di tutto era una persona seria capace di solenni arrabbiature, non solo quando l’Inter perdeva. Ha dedicato la vita, oltre che a una carriera forense lunga 60 anni, alla memoria degli Alpini caduti in Russia, la drammatica pagina di storia che aveva segnato la sua vita».
È stato un simbolo anche degli Alpini.
«Si è impegnato tantissimo nel rientro delle salme rimaste in Russia per dare a tutti un nome e un cognome. Ogni volta che un caduto tornava in Italia, andava nel luogo natale con gli altri reduci. Era l’ultima consolazione per le famiglie. Ha segnato la vita di tutti i sopravvissuti che hanno visto morire un compagno. Forse la voglia di ironizzare su tutto è nata dal distacco necessario a guardare avanti dopo un’esperienza così tragica».
Anche in guerra pensava al calcio?
«Sì. Appena giunto in territorio polacco, la prima cosa che fece fu barattare una scatoletta di carne con un quotidiano italiano del giorno prima per leggere dell’Inter. Scoprì che l’Inter aveva perso a Bologna partita e primo posto. Allora si lasciò andare a una parolaccia. Era tifoso dell’Inter, ma anche grande appassionato di calcio».
Che cosa gli piaceva guardare?
«Tutto, compatibilmente con l’offerta tv del passato. Sapeva tutto del campionato elvetico grazie alla tv della Svizzera italiana. Gli sarebbe piaciuto seguire sempre Real Madrid-Barcellona».
La versione spagnola di Inter-Juventus?
«Sì, però sentiva soprattutto la rivalità con il Milan. E i tifosi se ne accorgevano. Capitava che, quando andava in qualche Inter Club della Lombardia, fuori Milano, i soci gli dicessero: “Avvocato, dica qualcosa anche contro la Juventus, altrimenti siamo in difficoltà”. Ma per gli interisti che vivono a Milano conta di più il derby».
Cosa avrebbe detto delle plusvalenze?
«Era un uomo di diritto, non di conti. Quando faticava a dormire bene dopo una cena pesante, raccontava che gli venivano in mente i compiti sbagliati di matematica. A Torino non invidiava la Juventus, ma il fatto che in città fosse rimasta la brigata ‘Taurinense’. Mentre il ‘5° Alpini’ era stato trasferito da Milano».
Chi gli piacerebbe dell’Inter attuale?
«Sicuramente Barella per la grinta che mette in campo. Stravedeva anche per i fantasisti, come Corso o Beccalossi».
Si è mai appassionato a un calciatore non dell’Inter?
«Mi è rimasto impresso un commento che fece su un giocatore avversario al termine di Inter-Spal negli Anni ’60. Mi disse: “Guarda quel ragazzo, è fortissimo. Farà carriera”. Era un giovanissimo Capello».
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