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Nel corso di una diretta Instagram insieme alla figlia Regina, Giuseppe Baresi ha ripercorso la sua carriera all'Inter una volta appesi gli scarpini al chiodo, da allenatore delle giovanili prima e da dirigente poi, con l'apice raggiunto come vice di Josè Mourinho ai tempi del Triplete.
"Dopo aver smesso di giocare ero passato ad allenare, iniziando dalle giovanili, per poi diventare dirigente, ricoprendo il ruolo di responsabile del settore giovanile. Successivamente la dirigenza mi disse che mi avrebbe proposto come vice del prossimo allenatore, e Mourinho accettò la mia "candidatura". Ero molto felice, tornavo in campo, di fianco ad un allenatore di grande personalità, sicurezza e intelligenza, dove c'era molto da imparare. Mi sono ritrovato ad essere a 52 anni il vice di Mourinho, con la voglia di mettere a disposizione le mia capacità e il mio entusiasmo.
Venivamo da un anno dove avevamo vinto campionato e Coppa Italia, c'era già una base importante e la consapevolezza di essere una squadra forte. In estate arrivarono giocatori importanti, gente con grande personalità e che non aveva bisogno di stimoli. Non si poteva non vincere. Partita dopo partita siamo riusciti ad arrivare ai massimi risultati.
Mourinho era bravo a motivare ma fino ad un certo punto: quella squadra aveva già grandi stimoli. Era tutta gente che non voleva perdere nemmeno in allenamento, non mollavano nulla. Tutti avevano grande personalità: c'erano 20-22 giocatori determinati a lasciare il segno e a portare a casa la vittoria.
Eto'o? Veniva dal Barcellona, dove aveva vinto campionati e Champions League: Mourinho è stato bravo a fargli fare cose che non era abituato a fare. È un grandissimo campione. Di quella squadra non dimenticherei un ragazzo che ho avuto nel settore giovanile, Pandev: un giocatore che in tanti non hanno valorizzato come invece avrebbe meritato. Si è messo a disposizione, giocando sulla fascia, bravissimo tecnicamente ma anche tatticamente.
Mourinho era molto simpatico anche fuori dal campo. La prima volta che l'ho incontrato alla Pinetina mi disse: "Il tuo curriculum non è eccezionale, mi sono dovuto adeguare alla scelta della società...".
La vigilia della notte di Madrid è stata bella: avevamo vinto campionato e Coppa Italia, eravamo carichi e sereni. La squadra si è allenata bene come sempre, senza stravolgere le abitudini, anche se ovviamente abbiamo curato ogni dettaglio. La mattina della finale ero abbastanza sereno: c'era la giusta tensione, Mourinho era abbastanza sicuro di vincere. Eravamo una squadra molto pragmatica, tutti sapevano cosa dovevano fare. C'erano campioni anche in panchina, ed erano i primi a tifare per i compagni. Non pensavamo proprio di rientrare al mattino a San Siro e ritrovarci 40-50.000 persone pronte ad applaudirci!
L'addio di Mourinho? C'era qualche voce, ma nessuno si aspettava che se ne sarebbe andato, non ci aveva comunicato nulla".
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