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Bellugi: “Il Covid mi ha portato via anche la gamba del gol al Borussia. Marotta mi ha detto…”

Daniele Vitiello

La lunga e toccante intervista concessa dall'ex nerazzurro ai microfoni del Corriere della Sera

La triste vicenda che ha coinvolto Mauro Bellugi ha fatto il giro del mondo. L'ex calciatore dell'Inter ha subito l'amputazione di entrambe le gambe dopo aver scoperto di essere positivo al Covid. Ora prova a lasciarsi tutto alle spalle, come spiega ai microfoni del Corriere della Sera: «Sono al Niguarda, chiuso nella mia camera, con il cielo in una stanza. La bufera è passata, i giorni allucinanti della diagnosi e delle operazioni di amputazione sono alle spalle. In questo anno maledetto se ne sono già andati Corso, Maradona, Paolo Rossi. Non volevo essere io l’ultimo famoso della serie».

Bellugi ha spiegato come si è arrivati a questa tristissima operazione: «Io soffro da sempre di una forma di anemia mediterranea, come mia mamma e pure mia figlia. Di per sé non mi aveva causato grossi disturbi in precedenza ma poi con il coronavirus son diventati compagni di merende. Si sono detti “spacchiamo il mondo” e hanno spaccato me. Al Monzino Scoprii gli arti, le gambe erano nere fino all’inguine. Mi dissero “Vuoi vivere o vuoi morire?”, perché se non fossero intervenuti subito la cancrena sarebbe salita ancora. Dovetti decidere subito, non le dico la mia faccia quando il chirurgo Piero Rimoldi mi disse che avrebbe dovuto amputare anche la gamba con cui avevo segnato al Borussia Mönchengladbach». 

La vicinanza dell'Inter non è mancata nel momento più buio: «Massimo Moratti è il numero uno, era più disperato di me. La Bedy, sempre a casa mia, la numero due. E poi Beppe Marotta: mi ha detto che un posto per me in società ci sarà sempre. “Tu sei stato la storia”». E ora Bellugi guarda al futuro. «Andrò a Budrio per sostenere la riabilitazione, mi sono già informato sulle protesi. Del resto, non pretendo molto per la vita che mi resta: poter andare al bar a giocare a scopa con gli amici e al ristorante con la Lory. Con le rovesciate ho chiuso».

(Corriere della Sera)