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Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, intervistato dal Corriere dello Sport ha parlato del movimento calcio e di cosa deve fare l'Italia per non staccarsi dal resto dell'Europa.
È la Juve la società modello? Per il calcio è una risorsa o un problema che il club degli Agnelli domini incontrastato da anni, annullando la concorrenza?
«Certamente, da molti anni la Juve è un modello di buona gestione aziendale in un settore che è il decimo del Paese in termini di fatturato. In Europa tuttavia non ha mai brillato, forse perché si è adagiata troppo sulla supremazia italiana. Oppure, non ha ancora la taglia economica dei club che sono soliti vincere, come Real Madrid, Barcellona o i club inglesi».
Il contributo del calcio alla crescita del PIL è superiore allo 0,7%; il valore aggiunto generato per l’economia italiana è superiore ai 21,8 miliardi di euro. È ancora poco considerando le potenzialità del settore?
«Rispetto alle esperienze inglesi e spagnole certamente sì. I club inglesi hanno saputo sconfiggere gli hooligan, riportare le famiglie negli stadi e attrarre grandi investimenti esteri, mentre Real Madrid, Barcellona e Atletico sono le squadre più vincenti degli ultimi anni in Europa. Ora anche il campionato francese sembra insidiare da vicino la qualità e il valore economico di quello italiano. Come l’industria difende con forza il suo ruolo di secondo paese manifatturiero d’Europa, così il calcio italiano deve saper ritrovare la sua leadership. Da questo punto di vista, conto molto sul lavoro di Gaetano Micciché alla Lega Calcio e sui piani di presidenti come De Laurentiis. Non deve accadere più che la Nazionale resti fuori dai Mondiali: in Russia, nonostante le sanzioni, sarebbe stato un ottimo testimonial per le nostre aziende».
In Europa sono arrivati enormi investimenti cinesi e arabi, in Italia quasi nulla, se non addirittura gruppi abbastanza indefinibili che hanno acquistato il Milan e ora sull’orlo della crisi. Perché siamo così poco attrattivi?
«Per la verità i cinesi hanno acquistato anche l’Inter, e sembra che lì le cose vadano un po’ meglio. Negli investimenti dall’estero tuttavia bisogna tener conto di due elementi: in generale i capitali scelgono sistemi e paesi affidabili e non solo singole aziende o squadre di calcio, e poi bisogna tener conto del fatto che il capo dello Stato cinese, grande appassionato di calcio, dopo aver messo come obiettivo del partito e del governo la conquista della supremazia calcistica in un numero ragionevole di anni, ha poi ritenuto di frenare un po’ gli entusiasmi delle imprese cinesi negli investimenti calcistici all’estero. Gli investimenti esteri nelle squadre di calcio portano capitali nel Paese e questo è importante. È chiaro che l’Italia deve essere più attrattiva, e non soltanto nel calcio».
(Corriere dello Sport)
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