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Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, Marco Branca, ex direttore sportivo dell'Inter, ha parlato così in occasione del ritorno a San Siro di Jose Mourinho stasera per la gara tra i nerazzurri e la Roma: «Momenti indimenticabili. Facili e difficili. Belli e brutti. Con tanti aneddoti da raccontare, di cui però restare gelosi».
Questa sera per la prima volta Mourinho tornerà a San Siro da avversario dell’Inter.
«Sicuramente sentirà emozione nel vedere quei colori, quelle maglie. Dall’altra, sarà concentratissimo sulla sua Roma. Mou si immerge totalmente nell’avventura che vive. Forse sarà facilitato dal fatto che dell’Inter di quel tempo ci sono solo Ausilio e Zanetti. Mou sarà emozionato per i tifosi, per la curva, per i cori. Sarà accolto come ben merita, tutto gli farà piacere. Si sentirà a casa, insomma. Ma dopo un secondo, testa alla gara».
Un rivale, ma mai un nemico dei nerazzurri.
«Esattamente, per 90' o per 120 minuti».
Quali sono le differenze tra Josè Mourinho privato e quello pubblico?
«Lui almeno per quanto riguarda la gestione del suo compito sportivo, quello che dice alla squadra, lo riferisce a tutti: dirigenti, accompagnatori, atleti, qualsiasi persona. Dal punto di vista privato è curioso, tranquillo, senza particolari manie. Timido? Può darsi. Per il mio ruolo parlavamo quasi sempre di lavoro o di cose attinenti. È un uomo che non ama perdere tempo, va subito al sodo, non è un chiacchierone, sviscera subito quello che è un argomento, ma resta molto riservato per le sue cose».
Perché non è tornato a festeggiare a Milano dopo la vittoria della Champions?
«Non se la sentiva di affrontare tutta quella gioia per poi prendere una decisione che secondo la sua mente lucida sarebbe stata la migliore. Per evitare coinvolgimenti emotivi e per non soffrirne troppo, è rimasto a Madrid quella notte».
Come lo convinse a prendere Lucio e non Van Buyten?
«Le sue preferenze erano Carvalho e Deco. Io, anzi noi, durante il primo anno abbiamo molto migliorato il rapporto confidenziale: entrambi dovevamo conquistare quella fiducia, quella trasparenza del dire le cose senza offuscare nulla, con una valida motivazione. Qualche volta poi io ho convinto lui, altre lui ha convinto me. Quindi nella stagione successiva, date le problematiche di arrivare a certi giocatori, ci mettemmo d’accordo sulle alternative. Mou non si fossilizza sul nome, se l’alternativa è altrettanto valida, è disponibile a fare una scelta diversa, senza perdere tempo».
Un futuro con Mou e Branca all’Inter è inimmaginabile?
«Non credo che vada bene, io sono stato più tempo di Josè in nerazzurro, ma posso dire che il mio tempo è stato strepitoso, con l’Inter più vincente nella storia, almeno per i titoli. Credo che ci siano dei momenti nella vita da sfruttare, con età diverse e una fame differente. A distanza di anni non credo si possano ripetere le stesse situazioni. È giusto lasciare spazio a chi ha l’ambizione di farlo».
Non è limitante sostenere che Mou sia solo un grande comunicatore?
«È un allenatore completo, non ha nessun problema ad adattare la squadra al modulo migliore per le caratteristiche dei suoi giocatori. È un grande motivatore per una dialettica sorprendentemente affascinante, però questo soffoca da un certo punto di vista la completezza tecnico-tattica del suo lavoro».
C’è chi però adesso lo definisce bollito.
«Tutta invidia, che è il male del secolo».
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