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Da un tedesco all'altro. Da un mancino, all'altro. Nel giorno del possibile esordio da titolare di Robin Gosens con la maglia dell'Inter arriva - ai microfoni de' La Gazzetta dello Sport - la benedizione di Andy Brehme.
L'ex calciatore nerazzurro ha rilasciato un'intervista al quotidiano in cui parla del suo connazionale e dell'Inter di Simone Inzaghi, in lotta per lo Scudetto con Napoli e Milan.
Si parte proprio da Gosens: "Non sono il suo maestro e lui non è il mio erede, ma vederlo con quella maglia dall’1’ è una vera gioia".
Allora Robin è pronto?
"Prontissimo, e non certo da oggi. Avrebbe voluto esordire subito, ma veniva da un lungo infortunio e serviva tempo. L’Inter è stata brava due volte, a prenderlo e ad aspettarlo. E ora ha un’arma in più per il finale di stagione".
Cosa potrà dare fino alla fine?
"Ormai lo conoscete voi in Italia e pure noi in Germania. Può dare forza, velocità, cross e pure gol perché lui segna molto più di me. Per molto tempo nessuno sapeva molto di lui, ma negli anni all’Atalanta è diventato un esterno completissimo. Il suo successo è un messaggio a tanti giocatori dotati che di fronte alle difficoltà mollano. E invece non bisogna mollare perché poi un giorno puoi arrivare anche nella grande Inter. Se una squadra di questo livello, ti compra vorrà dire pure dire qualcosa, o no?".
Ma è vera quella storia che l’ha suggerito lei al c.t. Löw?
"Più o meno. Io e Joachim ci vediamo spesso, quando ci troviamo in Sardegna parliamo praticamente solo di calcio e una volta gli ho detto: “Stai attento a questo Gosens dell’Atalanta, è veramente forte...”. Dopo i primi giorni di ritiro aveva capito che il suo amico Andy aveva ragione".
Può essere lui il definitivo dopo-Perisic?
"Ma perché dovrebbe esserci un dopo-Perisic? Ivan sta dimostrando una resistenza fisica e una forma da ventenne, merita di rimanere a prescindere dall’età per quello che sta facendo vedere in campo. Anche io calciavo con entrambi i piedi come lui e questo aspetto del suo gioco mi piace particolarmente. Vorrei un’Inter in cui ci sono sia Gosens che Perisic, un po’ perché lì puoi alternare sulla stessa fascia, un po’ perché possono giocare insieme, visto che Ivan può stare anche a destra o fare l’attaccante se serve".
Perché, gli attaccanti di professione che già ci sono non le piacciono?
"Mi piacciono tanto, invece. Ma l’Inter segna tantissimo e non solo con gli attaccanti. Uno come Dzeko, che in Germania abbiamo visto all’inizio della carriera, lo devi valutare non solo per quante reti segna, ma per come fa giocare gli altri. È lui, Edin, la chiave per migliorare i compagni, da Lautaro e Correa".
La chiave della stagione è stata il colpo allo Stadium?
"Sarebbe stato un peccato buttare via una stagione per colpa di un periodo no che prima o poi capita a tutte le squadre. La vittoria con la Juve è stata decisiva, e ora l’Inter deve fare assolutamente nove punti nelle prossime tre: se batte Spezia, Roma e Bologna, per me è scudetto. Ma la svolta non è stata con la Juve, piuttosto tutto è cambiato ad Anfield: aver battuto una squadra come il Liverpool là, in quella maniera. è stato eccezionale. Ha fatto capire a tutti che stava tornando la vera squadra di Inzaghi".
Ma Simone le piace?
"Conte aveva un carattere come Trapattoni, era più duro, grintoso. Da un po’ sto studiando lo stile di Inzaghi: lo trovo un personaggio e un allenatore molto interessante. Diciamo che mi sto divertendo, sia per come gioca la mia squadra, sia per le emozioni che ci sta regalando il campionato. Questa è la Serie A più bella degli ultimi anni".
Ma quando giocava lei il livello ero molto più alto.
"Era come la Premier League, il massimo del massimo. Mai sottovalutare però il calcio italiano, che ti insegna a come stare in campo e ti insegna soprattutto la cultura della vittoria".
Dopo lo Spezia, c’è subito il Milan: qual è il ricordo più vivo del derby?
"Troppi, non ne posso scegliere uno solo. All’Inter ho passato 4 anni fantastici, i migliori della mia carriera e giocavamo contro un Milan eccezionale. Sulla mia fascia sfidavo Donadoni, ma ricordo anche dei grandi duelli con Gullit. Tra l’altro, ora frequento un bar italiano gestito da un milanista: di solito guardiamo le partite insieme, ma il derby meglio di no... Comunque, sono fiducioso: l’Inter è più forte e si prenderà questo scudetto".
Conosce Bremer, la colonna difensiva del Toro?
"Sì, più o meno, si dice un gran bene di lui. Perché?".
Si chiama così perché il padre era un suo tifoso...
"Adesso lo guarderò con altri occhi. Per il momento posso solo dire che suo padre è un uomo intelligente e vero intenditore di calcio (ride, ndr)".
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