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Nella sua rubrica sul Corriere della Sera, Aldo Cazzullo risponde ai lettori. Nell'ultimo numero, Cazzullo ha parlato di Gianni Brera e della sua simpatia per l'Inter.
"Gianni Brera è stato il più grande giornalista sportivo della storia, non soltanto italiana. Non conosco i suoi romanzi e non mi interessano neanche tanto. Ma le assicuro che il suo ritratto di Adolfo Consolini e della sua rivalità con Giuseppe Tosi vale l’intera produzione dei «giovani» scrittori che si premiano l’un l’altro nella nostra piccola repubblica delle lettere. Stimare una persona ovviamente non significa condividere tutto quello che scrive.
È vero, nelle pagine di Brera ci sono convinzioni etniche che, se da una parte sarebbe ipocrisia rimuovere — la velocità e il fondo non sono forse dominati dagli atleti di colore? —, a volte suonano fuori tempo, in particolare quando si inoltrano in distinzioni tra italiani oggettivamente superate dalla storia: che senso ha distinguere tra «celti» e «greci», ora che metà dei torinesi, dei genovesi, dei milanesi, dei bolognesi ha sangue del Sud nelle vene? Le assicuro però, gentile signor Facchin, che su Rivera sbaglia. Certo, Brera l’ha sempre attaccato. Dovendo scegliersi un nemico, scelse il più importante calciatore italiano. Ma guai a chi glielo toccava, il suo nemico.
Quando Rivera uscì dal giro azzurro, fu Brera a imporne il ritorno in nazionale. E questo l’ha raccontato proprio Rivera, al Corriere. Quanto alla predilezione per l’Inter, le squadre hanno un’anima. Questa invece è una cosa che ho imparato da Nils Liedholm: l’Inter, come la Juve, ha quasi sempre privilegiato la difesa; il Milan, come la Roma, ha quasi sempre privilegiato l’attacco. E Brera, innamorato di quelle che definiva — con un’espressione che oggi sarebbe considerata sessista — «squadre femmine», non poteva che tifare Inter. Anzi, Beneamata".
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