“Al netto delle rivalità di tifo, l’idea dello stadio condiviso è finanziariamente molto sensata. Il criterio di valutazione a cui un investimento aziendale deve sempre rispondere è il Valore Attuale Netto (VAN) o Net Present Value (NPV) per gli anglofoni - scrive il Corriere dello Sport -. Esso impone che il valore attualizzato dei flussi di cassa futuri, che si pensa di ricavare dall’investimento, sia superiore alle risorse che bisogna spendere per realizzarlo. Se il VAN è positivo, il progetto è sensato. Altrimenti, non si fa”.
Nel caso di uno stadio, si tratta di valutare se i costi di costruzione saranno compensati dai maggiori ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti e dalle attività collaterali come ristorazione, eventi e sponsor. Inoltre, è essenziale che i ricavi futuri superino il costo del capitale, rendendo così redditizio l’investimento. Senza questa prospettiva, non solo risulterebbe difficile attrarre nuovi investitori, ma anche l’autofinanziamento sarebbe da scartare.
È importante considerare che uno stadio è operativo solo per circa 50 giorni all’anno, tra partite di campionato, coppe ed eventi occasionali. Nei restanti dieci mesi, l’impianto rappresenta una risorsa improduttiva.
Con la condivisione tra due squadre della stessa città, questo tempo “morto” non verrebbe ridotto, ma l’investimento iniziale sarebbe diviso a metà, consentendo a entrambi i club di beneficiare dello stesso flusso di ricavi con un esborso inferiore.
Se il Milan prevedesse - ipoteticamente - di generare 60 milioni di euro di ricavi aggiuntivi all’anno per i prossimi 30 anni, con un investimento di 1,2 miliardi di euro, il rendimento sarebbe del 2,7% annuo. Per rendere redditizio il progetto, RedBird e gli eventuali partner dovrebbero finanziarsi a un tasso inferiore. Operazione difficile. Ma se la compartecipazione dell’Inter dimezzasse l’investimento, il rendimento salirebbe al 9,2%. Questo è il risultato della “magia” dell’attualizzazione finanziaria: dividere l’investimento tra due soggetti aumenta notevolmente la redditività.
Secondo il Corriere dello Sport, molti credono che il problema risieda nella mancanza di risorse finanziarie, ma il vero nodo è la razionalità economica dell’operazione. Il Milan inizialmente non voleva esplorare ipotesi di condivisione, diffidente nei confronti del gruppo Zhang. Tuttavia, ora che Oaktree e RedBird parlano la stessa lingua della finanza, le barriere si sono abbassate. Investitori di questo calibro non avrebbero difficoltà a finanziare il nuovo stadio, purché il progetto sia sensato dal punto di vista economico.
“Lo stadio condiviso è una soluzione da esplorare anche in altre città, dove la compresenza di due squadre può diventare una risorsa anziché un ostacolo. La proprietà esclusiva è un feticcio da cui non scaturiscono vantaggi particolari perché il valore di uno stadio non risiede nella proprietà giuridica (in alcuni casi neppure possibile, trattandosi di diritti di concessione) ma nella capacità di generare extra ricavi” conclude il quotidiano.
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