Intervenuto a una diretta Instagram di Performance Training, il terzino dell'Inter del Triplete Cristian Chivu ha parlato del suo passato da calciatore, ma anche del suo presente come allenatore:
primo piano
Chivu: “La cosa più facile era passarla a Sneijder, poi ci pensava lui. Eto’o mi diceva di…”
Il terzino dell'Inter del Triplete ha parlato in una diretta Instagram del suo passato da calciatore, ma anche del presente come allenatore
ALLENATORE - "Gli allenatori italiani preparano più partite in una partita. Io ho imparato da tutti: da Capello a Spalletti, Del Neri, Mancini, Mourinho, Leonardo, Mazzarri, Stramaccioni... Da tutti ho imparato qualcosa. Ognuno ha il suo modo di vivere il calcio e di interpretarlo. La diversità ti migliora. Magari con alcuni sei d'accordo con le sue idee, con altri no. Quando hai tante partite alle spalle, qualcosa hai imparato e questo ti fa condividere o no le idee di un allenatore. Devi essere sempre pronto a imparare qualcosa di nuovo".
SODDISFAZIONI - "Tante soddisfazioni, ho iniziato giovane. Avevo l'obiettivo a 16 anni di giocare in Nazionale e l'ho raggiunta a18 anni. All'Ajax volevo vincere qualcosa e andare in un altro campionato e poi sono andato a Roma. Poi volevo vincere lo scudetto, devi sempre avere degli obiettivi che ti permettono di migliorare. Avere l'opportunità di vincere lo scudetto, fare un percorso importante in Champions e poi vincerla è importante. Non sono mai andato al Mondiale con la mia Nazionale, ma mi sono tolto comunque delle soddisfazioni. Delusione? La non partecipazione con la Nazionale a un Mondiale. L'umiltà è quella che non ti fa mai accontentare. Ti porta a lavorare tanto senza accontentarti, ritrovi sempre nuovi stimoli".
TECNICO - "Da allenatore cambia la prospettiva, sono responsabile per tutti i ragazzi. Abbiamo l'obbligo di farli crescere anche come persone. Parlo di molte cose prima dell'allenamento che non c'entrano nulla col calcio. Striamo facendo un gran lavoro, se abbini piacere e passione".
ESPOSITO - "Esposito è uno di quelli che deve crescere. Del talento non discutiamo, ha tanto da imparare ed essere con la prima squadra è importante. Riesce a capire le richieste di una squadra di un certo livello".
SNEIJDER- "Prima c'erano grandi attaccanti: penso a Ronaldo, Kluivert, Van Nistelrooy, Vieri, Crespo, Sheva, Inzaghi. Ho sempre apprezzato gli attaccanti che riuscivano a dare qualcosa in più. Eto'o veniva da me e diceva, quando hai la palla io mi muovo e faccio contromovimento e non devi darmi la palla sul primo movimento ma sul secondo. Per me la cosa più facile quando avevo la palla era darla a Sneijder, tra le linee era devastante. Mi fidavo del suo movimento e lui si fidava di me".
LAVORO - "Io avevo grande ambizione. Il Signore qualcosina mi ha dato, avevo un buon mancino, ma mio padre mi ha trasmesso la cultura del lavoro. Le due ore di allenamento non mi bastavano, io mi fermavo a fare i gradoni dello stadio. Fare diversi ruoli mi ha aiutato. E la scuola Ajax anche, in settimana facevi tanti ruolo, anche la prima punta".
ALIMENTAZIONE - "Oggi come oggi è fondamentale, una volta non era così. In Olanda il ritiro prepartita non c'era: dormivi a casa. Colazione, pranzavo dove mi pareva e spesso con Ibrahimovic e Mido a pranzo andavamo al ristorante cinese. Poi riunione allo stadio e merenda: club sandwich. È una questione di abitudine. All'Ajax ero un po' sovrappeso, arrivato in Italia ero 85 kg, con Capello nel ritiro la palla non l'ho vista, mi dicevo ma cosa sono venuto a fare qui. In Italia ho finito il ritiro con 78,5 kg, ma non potete capire la fatica che ho fatto".
© RIPRODUZIONE RISERVATA