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Conte a Belve: “In nessun club ho mai lasciato macerie. Quando lascio è perché…”

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Le parole dell'ex tecnico dell'Inter durante l'intervista concessa a Francesca Fagnani nel programma di Rai2
Eva A. Provenzano Caporedattore 

Antonio Conte, ospite di Francesca Fagnani a Belve, su Rai2, ha parlato del suo passato vincente, delle sue intenzioni future e non solo. L'ex tecnico dell'Inter ha risposto senza tirarsi indietro alle domande scomode della giornalista. Questo è quello che ha detto l'allenatore:

-Che belva si sente? 

Non nasco belva. Perché la belva è una bestia feroce. Io ci divento durante l'infanzia per proteggermi dalla strada, ci diventi a volte nella vita di fronte a certe situazioni. E ci divento a bordo campo? Nel calcio vita mia morte tua, una delle due squadre deve soccombere. Il pari è una sconfitta.


-Animale affine? 

Il mio segno zodiacale è il leone: mi sento un leone.

-Pastore su Il Foglio dice che lei odia perdere tempo a parlare di cose che non siano 'calcio'. Facciamo eccezione? 

Non è proprio vero. Perché quando non alleno, fuori dal lavoro, non mi piace parlare di calcio. Anzi mi rapporto con persone che non c'entrano col calcio. Il lavoro te lo porti anche a casa, ci sono tanti problemi. Io sono molto diretto. Odio le persone che ti girano le parole. Non mi piacciono quel tipo di persone. Se sono permaloso? Sì. Un po'.

-Chi prende uno come me sposa un'ambizione, lei è un dogma di fede: si accettas? 

Bisogna accettare il mio modo di essere, tanti pregi e qualche difetto, orientato però a migliorare la situazione degli altri.

-Un pregio e un difetto suoi? 

Non mi piace mentire nei rapporti. Sono schietto e diretto e posso essere molto impulsivo, nel reagire, a determinate situazioni. Difettaccio? A volte non sono paziente.

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-Gattuso dice che lei sembra Al Pacino in Ogni Maledetta domenica...

Mi ricordo che lo disse quando venne estrapolato un discorso mio alla Juve. Avevo detto ai ragazzi che se dovevamo perdere comunque gli altri dovevano buttare il sangue, fargli fare fatica.

-Cazzullo scrive: "Se non avesse quel Conte non sarebbe lui. La sua ferocia è la sua forza..."

Io non sono feroce, sono esigente con me stesso e anche con gli altri. Odio perdere e questo mi fa diventare a volte feroce.

-Sergente, comandante, c'è qualcosa che le piace di più di comandare...

Penso di essere un leader riconosciuto e voglio essere un leader. Mi piace, penso di essere nato per fare questo.

-Voto a Conte calciatore. 

Otto. E da allenatore? Otto e mezzo. Mi reputo a 54 anni abbastanza giovane come allenatore e il resto della carriera mi darà la possibilità di alzare quel voto in meglio, spero. Da calciatore forse mi mancava quel talento che ho da allenatore. Da calciatore non ero scarso, ero tecnico, ma non avevo il talento di Zidane e Del Piero, giocatori che restano nel calcio.

-Ossessivo, maniacale, fumantino, solitario: si ritrova in queste parole? 

Mi hanno detto che lei è simile. Credo sia la passione a farti essere così e la paura di fallire. È  quello che ti fa togliere fuori le unghie. Solitario sì, quando perdo. La sconfitta non la vivo bene e quindi preferisco viverla da solo per non far soffrire gli altri. Soffro quando perdo. È un lutto per me perdere. Lo vivo 36-48 ore e vivo per questo in solitaria. Mi sento proprio giù. Ma voglio poi capire perché si è perso e lì divento feroce.

-Chi vince scrive la storia e gli altri fanno chiacchiere...

Al massimo gli altri possono leggerla. Non so perdere, ma conta la forza, la rabbia forte di reagire alla sconfitta, alla disgrazia. Momentanea, ma disgrazia. Se devo ancora scrivere la storia? Ho avuto la fortuna e la bravura per scrivere qualcosa di storia a livello calcistico. Se sono sazio, no. Cosa mi manca? Vorrei in futuro trovare una situazione in cui posso continuare a scrivere la storia, anche a livello europeo. Quando vai all'estero apprezzi tanto la bellezza dell'Italia. Poi saranno le opportunità a dire cosa sarà il futuro. Il mio sogno me lo tengo per me. A volte i sogni si fanno in due, un allenatore vuole magari essere in quella squadra per tutta la vita ma non ci sono le condizioni, per restare o tornare.

-Quando si vince quando dura la contentezza?

Meno. La sconfitta mi dura 48 ore. La vittoria, appena finita la partita, il benessere e la pace, la soddisfazione. Te la godi qualche ora la sera e poi ti svegli che già pensi alla prossima. Ma quel momento, quando fischia l'arbitro e hai vinto è un rilascio di relax, una contentezza che mi riempie. Me la godo, sapendo che non durerà molto.

-Sono antipatico perché vinco, questo ha detto...

Sono simpatico per il club e per i tifosi di quel momento e divento antipatico per il resto.

-So che chi allena la Juve non sarà mai un simpaticone, ha detto anche...

È squadra sempre da battere, hai sempre l'Italia contro. Non è da tutti giocarci ed allenarla.

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-A 21 anni è stato scelto da Boniperti e ha conosciuto Agnelli: si sentiva all'altezza?

Mi sembrava una cosa più grande di me, davo a tutti del voi. Un timore riverenziale che al primo anno ho pagato nelle prestazioni, mi sentivo un po' inadeguato. Ma ho tirato fuori unghie e denti per restare alla Juve e ci ho

-Credo nell'indipendenza del calciatore, ci crede? 

Sì. Destro che si è sposato durante il ritiro con l'Italia? Mi sembra giusto che il giorno dopo il matrimonio venisse ad allenarsi, la Nazionale è un onore.

-Ha parlato anche di rapporti sessuali spiegando ai suoi cosa fare...

Diciamo che avendo trascorso da calciatore ed esperienze pratiche posso trasferirle. Non si può mettere dei limiti. Ma sicuramente nell'imminenza della partita il consiglio è sforzarsi meno possibile. Essere passivi, ecco. L'altra parte molto attiva. Meglio con la moglie? Sì è vero. Per responsabilizzare la moglie l'ho detto (ride.ndr). Ma è la verità, se la partner non è abituale si è sotto pressione a livello di prestazione, la routine è un po' più tranquilla. Regole sperimentate? Sono situazioni che arrivano dalla mia esperienza di calciatori, dette per i miei trascorsi. Altri consigli? A me non piace controllare il calciatore, do ampia libertà ma sanno che quando c'è da allenarsi e giocare devono performare. Il consiglio dato per un buon fine e per vincere ci sta.

-Bilic l'ha definita pazzo...

Prima finivo le partite senza un filo di voce. Ora non mi sono imborghesito ma capisci che è giusto che i calciatori si prendano responsabilità, senza essere telecomandati, questione di crescita professionale.

-Sfuriate, parla ancora in terza persona?

Lo facevo prima, era un modo per difendermi se venivo attaccato. Prendevo le distanze.

-Lei ha vinto tanto, ma ha litigato molto con i club...

Non penso che sia colpa degli altri quando le cose non vanno. I club mi rimpiangono? In tutti i club dove sono passato ho lasciato grandi fondamenta sul quale continuare a lavorare, non ho mai lasciato macerie. Sempre andato via per mia decisione se non si fa come dico io? Quando cambio è perché ho dato tutto. Ho finito le energie. Se io chiedo un giocatore voglio dire la mia e spesso e volentieri la mia parola conta.

-Mancini ha fatto bene a lasciare la Nazionale? 

Non parlo e non faccio cose che a me hanno dato fastidio in altre circostanze. Io in Arabia? Ho rifiutato, proposte da club ho ricevuto. Penso che Mancini abbia fatto qualcosa di storico vincendo l'Europeo. E la non partecipazione ai Mondiali lascia una ferita. Per me quella sarebbe stata durissima. Dopo sarei andato via.

-Si riconosce irrequietezza? 

Devo avere stimoli. Addio più sofferto? Quello di cui mi sono pentito: quello alla Juve dopo tre anni. Vedevo grandi problemi anche dietro alle piccole cose. Penso di avere tanti amici nel mio ambiente, ma extra calcio, per staccare, frequento persone che non c'entrano col calcio. Per me amici ce ne sono tanti con la lettera minuscola. Nemico? Chi vende fumo. Gli incantatori di serpenti, in generale, con questo tipo di persone.

-Mourinho? 

Un vincente e ho grande rispetto per i vincenti.

-Col Chelsea il 4-0 festeggiato platealmente? 

Ho esultato. Avevo festeggiato nella mia panchina, con i miei tifosi. José era l'allenatore del Chelsea e forse perdere 4-0 gli sarà scocciato ma io stavo esultando e basta, non pensavo a quello. Gli ho detto di avere la demenza senile? Ci siamo detti cosa pensavamo. Apprezzo chi mi dice le cose in faccia ma devono fare loro altrettanto. C'è stato un momento caldo tra noi, giochi di mente li chiamano in Inghilterra e ad attacco si risponde con attacco. Io vengo dalla strada. E non ho comunque paura di niente e di nessuno. Ma non mi ricordo di aver detto ci vediamo fuori.

-Allenare la Roma? 

Spero che da qui fino a fine carriera, non so quando, ci sono due piazze - dato che ho allenato a Torino e Milano - che vorrei vivere per la passione: Roma e Napoli. Mi auguro di poter fare questa esperienza. Condizioni giuste? Che ci sia serietà, un progetto che mi dia la possibilità di competere per vincere.  Squadre in corsa? No, perché sono situazioni già create e compromesse. Del Napoli lo state dicendo voi. De Laurentiis ci parlo spesso e volentieri per il rapporto. Se ci ha provato? Sicuramente da parte del presidente c'è sempre stata stima ma ha fatto una scelta precisa quest'anno con Garcia e dopo Spalletti e quelle che ha fatto finora dimostrano che è lungimirante, un visionario e il tempo gli darà ragione. Fino a quando finisco di allenare mi piacerebbe allenare in queste piazze passionali, che si sposano con me.

-Una belvata che rivendico? La cosa maleducata che ha fatto e di cui si è pentita? 

A volte l'impulsività mi ha portato ad essere maleducato. Difficile per me essere maleducato quando ho avuto una brutta reazione con Andrea Agnelli il dito medio durante la Coppa Italia Inter-Juve. È stata una reazione ad una maleducazione e a tante cose, poi ci siamo chiariti. Ci sta che si risponda così ad un brutto gesto

(Fonte: Rai2)

 

 

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