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Erano stati pronunciati nomi altisonanti prima dell'inizio della scorsa sessione di mercato, con i tifosi dell'Inter già pronti a sognare in grande. Ma giorno dopo giorno la possibilità di ingaggiare top player è andata scemandosi, complici il Fair Play Finanziario, la mancata qualificazione alla Champions League e il blocco imposto dal governo cinese. Molti hanno supposto che Suning non fosse la vera potenza conclamata da tutti, ma in realtà non è così. Lo spiega nel dettaglio il Corriere della Sera, che analizza il perché la proprietà nerazzurra non ha potuto e non può procedere con operazioni molto dispendiose: "Qualcuno può essere rimasto deluso dall'ultimo mercato dell’Inter: annunciato come faraonico è stato invece al'’insegna del rigore. Il gruppo Suning ha speso, stavolta però senza far follie, stretto nella tenaglia del fair play finanziario Uefa e dei vincoli del governo cinese che ha imposto prudenza a chi investe all'estero nel mondo dell’intrattenimento. L’Inter è un paradosso: ha una proprietà facoltosa e, allo stesso tempo, è un club costretto ad arrangiarsi. Suning è un colosso con grande liquidità, ricavi da 50 miliardi e migliaia di dipendenti. I nerazzurri però non possono spendere o quantomeno non tanto. E non potranno farlo neanche nel prossimo futuro. Il magnate cinese Jindong Zhang ha già pompato in meno di due anni quasi 600 milioni nel club nerazzurro, parte per acquistare le quote di Thohir, parte per rimborsare all'indonesiano il debito che aveva con le banche, parte sul mercato. A fine settembre il cda ha licenziato l'ultimo bilancio, da sottoporre entro ottobre all'assemblea dei soci. Come gran parte delle squadre di calcio del mondo, l’Inter brucia liquidità. L’ultimo dato parla di una perdita di 24 milioni, un numero però da leggere (anche qui paradossalmente) in positivo, poiché le perdite sono scese di 35 milioni.
Restano i debiti della società verso le banche - continua il quotidiano -: al 30 giugno 2016 l’esposizione era di 210 milioni, ma era intenzione di Suning, e questa volontà l'aveva messa nero su bianco nel bilancio, di rinegoziare il prestito a tassi migliori dell’8-9%. Alla fine è sempre l'Inter che paga perché, come accadeva già con Thohir, anche Suning si fa rimborsare il prestito dal club. In questa selva di numeri viene da chiedersi: l’Inter in fondo è un club ricco oppure no? Ha una proprietà con grandi disponibilità, solida e credibile sui mercati, ma a oggi il club non è autosufficiente: i numeri quadrano per il fair play Uefa, non ancora finanziariamente. La crescita però c’è e i ricavi totali spinti dalle sponsorizzazioni sono arrivati a 320 milioni, ancora lontani dalle grandi d’Europa ma comunque in aumento. E non sono affatto pochi se si tiene presente che i nerazzurri non partecipano alla Champions League. Il ritorno in Europa garantirà 50 milioni. In fondo ai tifosi interessa solo sapere se l’Inter potrà tornare a spendere sul mercato o no: qualcosa, non troppo, è la risposta. Il fair play Uefa non è scomparso e l’ultima campagna acquisti graverà sul prossimo bilancio già per circa 80 milioni. Bisognerà capire dove mettere i soldi Champions: se l’Inter li anticipa non avrà problemi a chiudere i conti in pari, altrimenti a giugno i dirigenti dovranno nuovamente ingegnarsi per centrare gli obiettivi. È il paradosso di avere una cassaforte colma e, per tanti motivi, non poterla aprire".
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