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CorSport: “Sì, si può dire: Dimarco è il nostro Roberto Carlos. Paragone regge perché…”

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Federico Dimarco è un regista decentrato. Crea gioco e occasioni. Sinistro fatato e sprint da centrometrista
Marco Astori Redattore 

E' un pilastro intoccabile per l'Inter, ma ora, con questo nuovo assetto, Federico Dimarco sta diventando l'uomo in più anche per la Nazionale. Anche contro il Belgio l'esterno ha sfoggiato le sue splendide qualità balistiche e il Corriere dello Sport oggi si permette un paragone illustrissimo: "Segna gol da urlo, come al Parco dei Principi. Disegna cross con il compasso, così ha fatto ruzzolare per terra De Cuyper e Casteels, invitando Cambiaso a entrare in porta con il pallone per l’1-0 all’Olimpico. Inventa cambi gioco da paura, è riuscito a tagliare fuori la difesa del Belgio con un collo esterno al volo quando l’Italia ha trovato il raddoppio con Retegui. Gli interisti (e non solo) ricordano bene. Quel lancio lungo e rasoterra, senza alzare il pallone, sembrava lo stesso calibrato da Calhanoglu (a suo favore) nell’ultimo Inter-Juve a San Siro per lanciarlo in contropiede. Roba da rifinitori e di rara bellezza balistica.

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Velocità di pensiero e di esecuzione. Federico Dimarco è un regista decentrato. Crea gioco e occasioni. Sinistro fatato e sprint da centrometrista, altrimenti non avrebbe bruciato Doku, che non è affatto un terzino e non si sa perché Tedesco lo abbia sacrificato per un’ora. Il ct del Belgio, diciamo la verità, ci ha fatto un bel favore, ma non è questo il punto. L’esterno dell’Inter, con o senza l’opposizione di Doku, sta diventando sempre più decisivo. Sì, forse si può dire. È il nostro Roberto Carlos. Del brasiliano che incantava con Selecao e Real Madrid non ha la stessa potenza e pericolosità sui calci di punizione, che pure divide con Calhanoglu in maglia interista, ma lo ricorda per modalità di gioco e di corsa, forse anche per il fisico tozzo e la statura non eccessiva.


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Di sicuro Dimarco è un fuoriclasse del ruolo e può reggere, fatte le debite proporzioni, il paragone. Se Spalletti un anno fa disse che Bonaventura poteva essere il “nostro Bellingham”, non rischiamo querele per l’accostamento. Il senso è uno soltanto: produce gioco, incide dalla fascia sinistra. È molto più di un terzino. Determina dentro una Nazionale in cui non ci sono più i numeri 10 di una volta. Fa la differenza con l’Inter e ancora di più in maglia azzurra. L’Europeo in Germania è storia di tre mesi fa. Dimarco saltò la Svizzera per infortunio e in precedenza non aveva incantato: una discreta reazione al debutto con l’Albania dopo l’assist con le mani (da fallo laterale) a Bajrami e poi stop. Lui e tutti gli altri interisti, vinto lo scudetto il 22 aprile, erano arrivati con le ruote sgonfie e senza energie. Un crollo inevitabile dopo una stagione lunghissima e il successo anticipato. A giugno camminavano, oggi corrono e stanno bene, ma Federico era e resta un punto fermo dell’Italia".

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