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Cosa è mancato nel derby all'Inter di Inzaghi? Gambe, lucidità e soprattutto cuore. Sono mancati Barella e Calhanoglu, ma anche Mkhitaryan e Pavard. Tutto troppo facile per il Milan dipinto in settimana come una squadretta sperimentale con un allenatore pronto a saltare. La sconfitta brucia feroce anche per questo. Troppo facile per i rossoneri arrivare davanti a Sommer (ieri insieme a Dimarco il migliore in campo, senza dubbio), trovare varchi e praterie, saltare i difensori, aggredire la nostra rinomata compattezza. Saltate le distanze e con un gioco che girava troppo lento per il livello di aggressività degli avversari, l'Inter non ha mai dato l'idea di poter essere davvero pericolosa. I primi 15 minuti degli ultimi derby giocati e stravinti sembravano un lontano ricordo. In quei primi 15 minuti eravamo sempre riusciti ad asfissiare il Milan, stordendolo e convincendolo della nostra forza. Ancora prima di segnare. Ieri i movimenti erano contrassegnati da mascherata rassegnazione. Calhanoglu, sostituito, che abbandona il campo scuotendo la testa. Quanto è difficile accettare di non essere mai stati veramente dentro la partita più attesa?
Già, in partita. Una settimana a ripeterci la favoletta che il derby si prepara da solo. Non è necessario pescare motivazioni perché sono già tutte lì sul piatto. Peccato non averle neanche assaggiate. Sia i giocatori che mister Inzaghi hanno parlato al fischio finale di approccio sbagliato. È una delle poche cose che i tifosi faticano ad accettare quando la loro squadra perde una partita (figuriamoci il derby). Puoi non avere più corsa, fiato e gambe. Puoi arrivare in ritardo su un contrasto, sbagliare un gol e prenderne uno di fattura eccezionale. Quello che non puoi fare è non crederci. Non lottare. Non disperarti. Senza cuore non si va da nessuna parte. Sarà bene tenerlo a mente per il futuro.
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