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Lunga intervista concessa da Stefan De Vrij, centrale dell'Inter, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Tanti i temi affrontati, dal momento della squadra nerazzurra, allo scudetto e non solo.
De Vrij, le piace essere considerato un nuovo "The Wall"?
"Sì, mi piace. Non avevo un soprannome prima in Olanda... Tra l’altro, quando sono arrivato a Milano, nel mio video di presentazione costruivo un muro. Ho avuto la fortuna di parlare con Samuel un paio di volte per qualche evento: è una brava persona e un difensore fortissimo".
A inizio stagione il muro non era altissimo: troppi gol presi. L’avete corretto solo cambiando modulo o è scattato qualcosa nella testa?
"Entrambe le cose. Si vede che in campo siamo diventati compatti come squadra e questo rende più facile tutta la fase difensiva. Facciamo molta meno fatica per difendere e quindi subiamo molto meno".
Skriniar-De Vrij-Bastoni è ormai una cosa sola: è lei che aiuta gli altri a giocare a tre?
"Io aiuto loro, ma anche loro aiutano molto me... Siamo un reparto unito e affiatato: ci troviamo bene anche fuori dal campo e questo aiuta. In questo modulo si difende in una maniera differente, con altri concetti, che ormai abbiamo chiari in testa".
Volete essere la SDB, la risposta alla BBC juventina?
"Sarebbe 'SVB', visto che il 'de' del mio cognome è solo un articolo. In realtà, queste sigle sono lontane da noi, non ci influenzano. Noi tre non dobbiamo guardare troppo agli altri, pensiamo solo al nostro. E cerchiamo di essere la versione migliore di noi stessi: questo ci chiede il nostro allenatore".
A Verona ha fatto 100 presenze in nerazzurro. La più bella e la più dolorosa?
"La gioia più grande il derby vinto in rimonta, quello del 4-2, in cui ho segnato dopo aver fatto gol anche l'anno prima: un’emozione incredibile. La ferita è la finale di Europa League persa col Siviglia: a volte ci ripenso, ma subito dopo penso anche che non ha senso tornare là con la testa. Ciò che è stato è stato e dalle sconfitte si può solo imparare".
E cosa avete imparato dall’eliminazione in Champions?
"Qualcosa in Europa è evidentemente mancato, in tutto il percorso non è bastato ciò che abbiamo fatto in campo. Abbiamo lasciato qualcosa per strada, per esempio il non aver segnato contro lo Shakhtar. Ma anche in questo caso è inutile tornarci troppo su".
Ma non è che l’Inter è troppo italiana e poco europea?
"No! Stavolta è andata male, ma non perché ci manchi qualcosa per giocare la Champions. L’approccio nostro è uguale indipendentemente dalle competizioni. Avremmo voluto proseguire in Europa, ma ora cercheremo di fare bene in Coppa e campionato: il fatto di poterci concentrare solo su questo può diventare un vantaggio, ma dipenderà solo e soltanto da noi".
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