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Quale?
«Allegri ha solo due, tre individualità e le sta gestendo molto bene. È una fortuna, fra virgolette, perché così non si trova grossi problemi quando esclude qualcuno, non ci sono big che creano casino. Gli unici possono essere in attacco, dove però sta ruotando tutti. E in questo senso si inseriscono i giovani. Allegri è secondo, in lotta con l’Inter, facendo giocare molti ragazzi, due quasi sempre titolari e gli altri che entrano in momenti particolari, pesanti, non sul 4-0, anche perché la Juve difficilmente va sul 4-0. Questo è il modo per farli crescere, non come fanno altri allenatori: mettono i giovani nel finale di gare scontate o quando hanno gente infortunata, per lamentarsi delle assenze. Poi dicono: “Ho lanciato questo e quell’altro”. No, non è così, tant’è che poi questi ragazzi vanno via o spariscono. Allegri invece li elogia schierandoli le gare vere, ne parla come giocatori adulti, con loro usa la carota, ma pure il bastone. Questo è il suo grande lavoro».
E cosa non la convince?
«Chiesa seconda punta. Come si è visto in nazionale con Spalletti, Federico ha bisogno di spazi, di partire largo. Nel 4-3-3 Chiesa è un’eccellenza. Certo, poi Allegri può dire che nel 3-5-2 può metterlo solo da seconda punta e che Chiesa ha segnato i suoi gol, ma in mezzo ogni tanto si perde e non sfrutta la sua velocità».
E del “partner” Vlahovic cosa pensa? Marzullo le chiederebbe: è la Juve che non riesce a valorizzare Vlahovic o Vlahovic non riesce a integrarsi in questa Juve?
«Qualche mese fa, avrei risposto 50 e 50, oggi dico 75% colpa di Vlahovic. Se tu sei forte, per quanto tu possa essere frustrato per le poche occasioni da gol, ti devi applicare, ti devi impegnare nella gestione dei pochi palloni che ti arrivano. A Firenze era “on fire”, ci credeva sempre perché molto coinvolto, giocava con gioia. Con la Juve è ovvio che sia tutto diverso, anche come pressioni, però ho scoperto delle fragilità in lui, nelle scelte, nel non essere intelligente calcisticamente nel momento in cui trova delle difficoltà. Sono crudo, diretto: quando dico che non ha intelligenza calcistica, non dico che non sia bravo e che non possa giocar nella Juve. Però deve saper fare le cose semplici, perché così non solo mette i compagni nelle condizioni di fare bene, ma anche di poter poi riavere lui la palla nel modo migliore. Il grande talento puro, è forte nelle difficoltà».
Di quale partito fa parte: Juve avvantaggiata senza coppe o no?
«Alla Juventus, come status di club, non fa bene non disputare le coppe europee, ma per la rosa che ha Allegri, che doveva in un certo senso ripartire dopo la difficoltà della scorsa annata quando ha saputo tenere a galla la squadra nonostante il terremoto vissuto all’esterno, sicuramente è un vantaggio. Anche perché la partita che ha vinto al 96’ col Verona, se avesse giocato tre giorni prima in Champions contro un Psg, non l’avrebbe vinta. C’è un dispendio di energie, fisiche e mentali, diverse e c’è meno tempo per recuperare non tanto gli infortunati, ma gli acciaccati che con una settimana vuota possono riposare. Con le coppe no, chi è mezzo e mezzo deve giocare e così aumenta il rischio di farsi male».
In passato ha bacchettato anche Inzaghi.
«Sono onesto, gli davo la responsabilità del cammino a singhiozzo dell’Inter, ora devo ammettere che è maturato nella gestione della squadra fra campionato e Champions, ma anche nelle dichiarazioni. Simone si è calato nella dimensione giusta, da Inter. Sta facendo il suo, l’Inter rende da Inter, i giocatori sono migliorati, penso a Dumfries, è questo è un grande merito suo. Inzaghi è cresciuto e in questo il percorso in Champions ha ovviamente influito, perché si è confrontato con grandi allenatori, è stato giudicato dall’Europa e ha capito che vincere una Supercoppa a Dubai non può bastare per essere da Inter».
È sorpreso dall’inserimento e dal rendimento di Thuram?
«Cresce di partita in partita, aggiunge ogni volta qualcosa. Come si dice, non sempre le ciambelle escono col buco, ma lui è invece proprio una bella ciambella, non a caso è figlio di un giocatore che è sempre stato serio, professionale e rispettoso. E Marcus mi sembra come il padre. Sa fare tutto, non ha la sesta marcia come il Lukaku al top della forma negli anni d’oro, ma ha la quinta e in Italia in pochi arrivano alla quarta. Non ha la fantasia e l’estro di Dzeko, ma sa fare sponde e assist. E in più vede la porta e con l’Inter è facile fare gol, più che col Monchengladbach in Bundesliga. Perché non mi vengano a dire la solita storia che in Serie A è difficile segnare: ha fatto 20 gol pure Simy col Crotone! Thuram però è bravo e si sposa con Lautaro: impazzisco se ripenso a quando qualcuno diceva che non si poteva giocare senza Lukaku».
Se dovesse indicare due giocatori simbolici delle due squadre?
«Dico Rabiot nella Juventus e Calhanoglu nell’Inter. Il francese è nato nel Psg come mezzala o ffensiva ed è divento un mediano di rottura per strappare e portare lontana la palla dall’area di rigore. Un emblema del calcio voluto oggi da Allegri. Calhanoglu è stato trasformato da Inzaghi in regista perché così ha abbassato la qualità di 30 metri. Il turco è bravo pure a recuperare palla e a costruire subito, così fa le due fasi in una».
Come finisce?
«La mia paura è che ci sia poco spettacolo. La Juve lascerà la palla all’Inter e l’Inter, per natura, non forzerà la giocata finché non troverà le linee che ama. Vorrei vedere due squadre che se le danno, in senso sportivo, quindi speriamo che arrivi un gol dopo “twenty boring minutes”, venti minuti noiosi».
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