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Di Canio: “Ecco perché stimo molto Allegri. Inzaghi ora da Inter, Thuram rispetto a Lukaku…”

Paolo Di Canio presenta Juventus-Inter di domenica: ecco le parole dell'ex calciatore a Tuttosport in vista del derby d'Italia

Paolo Di Canio presenta Juventus-Inter di domenica: ecco le parole dell'ex calciatore a Tuttosport in vista del derby d'Italia.

Buongiorno Paolo Di Canio, domenica che Juventus-Inter si aspetta?

«Non può essere decisiva, è presto, però un bell’indirizzo lo può dare anche perché si affronteranno le due squadre che, dal mio punto di vista, si giocheranno lo scudetto. L’Inter è maturata e ha ridotto gli inciampi della scorsa stagione, mentre la Juventus per dna e approccio alle gare resterà lì fino alla fine. Se l’Inter dovesse vincere, comincerebbe a mettere un tassello importante, traccerebbe ancora di più il cammino che in tanti si aspettano in questo campionato. Però credo che pesi di più una vittoria per la Juventus. I bianconeri stanno crescendo, seguendo un credo, un calcio differente rispetto a quello dell’Inter, basti pensare che i nerazzurri hanno segnato 29 gol contro i 19 della Juve, sono dieci in più in sole dodici gare. Allegri sta formando nella testa dei propri giocatori un convincimento, gli sta facendo vedere che possono competere per lo scudetto nonostante abbiano qualità e fantasia inferiori rispetto ad altre rivali. Se dovessero vincere, superando l’Inter in classifica, fortificherebbero ulteriormente la convinzione di poter arrivare fino in fondo».

Lei nel recente passato non è stato tenero nei confronto di Allegri e del gioco espresso dalla Juventus.

«Partiamo da un presupposto: Max lo stimo, lo ammiro molto. Io ho spiegato che in Premier le squadre dalla prima all’ultima in classifica propongono un gioco e se andiamo a vedere le prime tre dei sei-sette campionati più importanti in Europa, troveremo tutte formazioni che giocano un certo tipo di calcio. La Juventus in questo senso è un’anomalia, molto italiana, ovvero una squadra di vertice che lascia quasi sempre il pallino del gioco agli avversari. È un modo legittimo, a me per esempio piace il calcio fatto di sofferenza, non sono per forza un fautore dei giochisti o di Guardiola. Per me Allegri, in rapporto a quello che ha a disposizione, sta facendo ottime cose, però contro la Fiorentina, la Juve sembrava una squadra in lotta per salvarsi che all’ultima giornata gioca per strappare almeno un punto: ha fatto le barricate contro una squadra che fatica a fare gol... Allegri sta ottimizzando il materiale che ha, penso solo che sia difficile arrivare a maggio solo attraverso questa via: potrebbe fare qualcosa di più, penso al gol segnato da Miretti proprio a Firenze giunto al termine di un’azione ben costruita».

Approfondiamo il lavoro di Allegri.

«Se ci soffermiamo ad analizzare la rosa della Juve, non è che ci siano poi tanti elementi di qualità e fantasia. Così Max è tornato a lavorare su equilibri tattici che aveva già sviluppato in passato: squadra compatta a 30 metri dalla porta, tutti pronti a interrompere il gioco avversario e ripartire, con forza e verticalità. Allegri ha più mediani che ali, più centrocampisti di raccordo che di costruzione e sa di avere difensori fortissimi di testa, granitici nella difesa del limite dell’area, meno in campo aperto, come Bremer. Quindi si è adeguato e sta ottenendo il massimo da tutti. E merita un applauso per un altro motivo».


Quale?

«Allegri ha solo due, tre individualità e le sta gestendo molto bene. È una fortuna, fra virgolette, perché così non si trova grossi problemi quando esclude qualcuno, non ci sono big che creano casino. Gli unici possono essere in attacco, dove però sta ruotando tutti. E in questo senso si inseriscono i giovani. Allegri è secondo, in lotta con l’Inter, facendo giocare molti ragazzi, due quasi sempre titolari e gli altri che entrano in momenti particolari, pesanti, non sul 4-0, anche perché la Juve difficilmente va sul 4-0. Questo è il modo per farli crescere, non come fanno altri allenatori: mettono i giovani nel finale di gare scontate o quando hanno gente infortunata, per lamentarsi delle assenze. Poi dicono: “Ho lanciato questo e quell’altro”. No, non è così, tant’è che poi questi ragazzi vanno via o spariscono. Allegri invece li elogia schierandoli le gare vere, ne parla come giocatori adulti, con loro usa la carota, ma pure il bastone. Questo è il suo grande lavoro».

E cosa non la convince?

«Chiesa seconda punta. Come si è visto in nazionale con Spalletti, Federico ha bisogno di spazi, di partire largo. Nel 4-3-3 Chiesa è un’eccellenza. Certo, poi Allegri può dire che nel 3-5-2 può metterlo solo da seconda punta e che Chiesa ha segnato i suoi gol, ma in mezzo ogni tanto si perde e non sfrutta la sua velocità».

E del “partner” Vlahovic cosa pensa? Marzullo le chiederebbe: è la Juve che non riesce a valorizzare Vlahovic o Vlahovic non riesce a integrarsi in questa Juve?

«Qualche mese fa, avrei risposto 50 e 50, oggi dico 75% colpa di Vlahovic. Se tu sei forte, per quanto tu possa essere frustrato per le poche occasioni da gol, ti devi applicare, ti devi impegnare nella gestione dei pochi palloni che ti arrivano. A Firenze era “on fire”, ci credeva sempre perché molto coinvolto, giocava con gioia. Con la Juve è ovvio che sia tutto diverso, anche come pressioni, però ho scoperto delle fragilità in lui, nelle scelte, nel non essere intelligente calcisticamente nel momento in cui trova delle difficoltà. Sono crudo, diretto: quando dico che non ha intelligenza calcistica, non dico che non sia bravo e che non possa giocar nella Juve. Però deve saper fare le cose semplici, perché così non solo mette i compagni nelle condizioni di fare bene, ma anche di poter poi riavere lui la palla nel modo migliore. Il grande talento puro, è forte nelle difficoltà».

Di quale partito fa parte: Juve avvantaggiata senza coppe o no?

«Alla Juventus, come status di club, non fa bene non disputare le coppe europee, ma per la rosa che ha Allegri, che doveva in un certo senso ripartire dopo la difficoltà della scorsa annata quando ha saputo tenere a galla la squadra nonostante il terremoto vissuto all’esterno, sicuramente è un vantaggio. Anche perché la partita che ha vinto al 96’ col Verona, se avesse giocato tre giorni prima in Champions contro un Psg, non l’avrebbe vinta. C’è un dispendio di energie, fisiche e mentali, diverse e c’è meno tempo per recuperare non tanto gli infortunati, ma gli acciaccati che con una settimana vuota possono riposare. Con le coppe no, chi è mezzo e mezzo deve giocare e così aumenta il rischio di farsi male».

In passato ha bacchettato anche Inzaghi.

«Sono onesto, gli davo la responsabilità del cammino a singhiozzo dell’Inter, ora devo ammettere che è maturato nella gestione della squadra fra campionato e Champions, ma anche nelle dichiarazioni. Simone si è calato nella dimensione giusta, da Inter. Sta facendo il suo, l’Inter rende da Inter, i giocatori sono migliorati, penso a Dumfries, è questo è un grande merito suo. Inzaghi è cresciuto e in questo il percorso in Champions ha ovviamente influito, perché si è confrontato con grandi allenatori, è stato giudicato dall’Europa e ha capito che vincere una Supercoppa a Dubai non può bastare per essere da Inter».

È sorpreso dall’inserimento e dal rendimento di Thuram?

«Cresce di partita in partita, aggiunge ogni volta qualcosa. Come si dice, non sempre le ciambelle escono col buco, ma lui è invece proprio una bella ciambella, non a caso è figlio di un giocatore che è sempre stato serio, professionale e rispettoso. E Marcus mi sembra come il padre. Sa fare tutto, non ha la sesta marcia come il Lukaku al top della forma negli anni d’oro, ma ha la quinta e in Italia in pochi arrivano alla quarta. Non ha la fantasia e l’estro di Dzeko, ma sa fare sponde e assist. E in più vede la porta e con l’Inter è facile fare gol, più che col Monchengladbach in Bundesliga. Perché non mi vengano a dire la solita storia che in Serie A è difficile segnare: ha fatto 20 gol pure Simy col Crotone! Thuram però è bravo e si sposa con Lautaro: impazzisco se ripenso a quando qualcuno diceva che non si poteva giocare senza Lukaku».

Se dovesse indicare due giocatori simbolici delle due squadre?

«Dico Rabiot nella Juventus e Calhanoglu nell’Inter. Il francese è nato nel Psg come mezzala o ffensiva ed è divento un mediano di rottura per strappare e portare lontana la palla dall’area di rigore. Un emblema del calcio voluto oggi da Allegri. Calhanoglu è stato trasformato da Inzaghi in regista perché così ha abbassato la qualità di 30 metri. Il turco è bravo pure a recuperare palla e a costruire subito, così fa le due fasi in una».

Come finisce?

«La mia paura è che ci sia poco spettacolo. La Juve lascerà la palla all’Inter e l’Inter, per natura, non forzerà la giocata finché non troverà le linee che ama. Vorrei vedere due squadre che se le danno, in senso sportivo, quindi speriamo che arrivi un gol dopo “twenty boring minutes”, venti minuti noiosi».


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