In una lunga intervista a La Stampa, il portiere affronta diversi temi
Gli inizi, un possibile ritorno all'Inter e il sono chiamato Nazionale. Sono tanti i temi affrontati da Michele Di Gregorio in una lunga intervista a La Stampa. Quando gli viene chiesto di un ritorno in nerazzurro, il portiere del Monza dribbla la domanda: "Mi piace pensare all'oggi senza guardare troppo in là perché altrimenti si fanno male le cose quotidiane. Voglio concentrami su questi due mesi col Monza. Poi, dopo l'ultima giornata di campionato, vedremo cosa ci sarà di concreto. Sto benissimo a Monza. Non ho bisogno di scappare. Se verrà qualcosa per fare uno step, lo valuteremo. Non avrei mai pensato di arrivare così in alto quando mi chiamò l'Inter da bambino".
Come è andata?
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«Avevo 6 anni e mezzo, mi chiesero di aggregarmi per qualche allenamento in vista della stagione successiva. All'inizio non volevo andare, è stato mio papà Marcello a convincermi dicendomi di provare liberamente. Ogni tanto volevo smettere perché vincevamo con tanti gol di scarto ed ero impegnato poco. Mi ha convinto ancora papà dicendo che sarebbero arrivate sfide contro squadre più forti. Ho perso mio padre quando avevo 13 anni. A 16 mi sono tatuato il suo nome sull'avambraccio. Ha dovuto firmare l'autorizzazione mia mamma Agata».
Chi sono i suoi modelli?
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«Julio Cesar e Handanovic. Allo sloveno cercavo di rubare ogni dettaglio in allenamento alla Pinetina. Lo seguivo con ammirazione a distanza. Qualche volta mi paragonano a Peruzzi. Forse per il fisico. È un grande complimento. Anch'io spero di arrivare in Nazionale, ma dopo gli Europei: adesso il gruppo è fatto. Non voglio viverla male, tengo lì questo desiderio come un sogno».
Lei ha fatto tanta gavetta: perché in Italia c'è poco coraggio conigiovani?
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«Contano i risultati più di ogni cosa. Serve un nuovo equilibrio: inserire i giovani dentro un gruppo consolidato. Bisogna responsabilizzare di più i ragazzi nei settori giovanili. Siamo un po dentro questo processo, anche se forse con pochi italiani. La Juventus sta lanciando giovani. L'Inter lo fa da qualche anno: Bastoni, Barella, Dimarco».