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Simone Inzaghi è pronto a iniziare la sua nuova avventura all'Inter. Del suo profilo, ma anche della sfida che sta per intraprendere ha parlato il suo ex allenatore in biancocelese Sven-Goran Eriksson. Queste le sue parole a La Gazzetta dello Sport:
Eriksson, che impressione le fa l’allievo Simone sulla panchina dei campioni di Italia?
«Innanzitutto, dimostra di avere grande coraggio: non è mai facile prendere in mano una squadra che ha appena vinto lo scudetto, però è pure una grande occasione per la sua carriera. L’Inter è storicamente il top sia in Italia che in Europa: non poteva dire di no, nonostante ogni possibile rischio».
L’eredità di Antonio Conte è piuttosto ingombrante: come si fa a reggere la pressione in questo caso?
«Conte è un grande nome a livello internazionale, significa garanzia di vittoria, ma penso che Simone sia pronto per quest’ultimo scatto: meritava una società ancora più forte, senza nulla togliere alla mia Lazio. Ora ha l’occasione di dimostrare di non essere da meno di chi lo ha preceduto, sono sicuro che non la butterà via. Da parte mia, gli auguro ogni fortuna».
Che consiglio gli darebbe per questa nuova avventura?
«Guardate dove è arrivato, credete che gli serva davvero un mio consiglio? L’unica cosa che posso dirgli è di essere se stesso, di restare fedele ai propri principi che finora si sono dimostrati vincenti. Continui per la sua strada, col sorriso e un po’ di follia, anche se non ha ancora vinto lo scudetto: in questa epoca è davvero difficile riuscirci alla Lazio, eppure l’anno scorso ha sfiorato l’impresa. Il suo stile così personale mi piace davvero».
E dal suo di stile, invece, cosa ha ereditato?
«Forse il fatto di essere paziente e di farsi volere bene dai giocatori. Vedo grande empatia e questo fa la differenza: ho sempre pensato che nel calcio il gruppo sia praticamente tutto. Senza un ambiente buono nello spogliatoio, i risultati non arriveranno mai. Anzi, alla prima o alla seconda sconfitta si scatena il caos. Se invece hai creato un mood positivo, riesci a resistere anche nei momenti difficili».
Che cosa pensa della rosa che avrà a disposizione Inzaghi?
«Puntiamo l’attenzione sull’attacco. Era già incredibile la montagna di gol che Simone ha fatto fare a Ciro Immobile, ma ora si ritrova una delle migliori coppie in circolazione in tutta Europa. Io osservavo Lukaku con molto interesse già in Inghilterra, mi sembrava molto forte ma non così tanto. E invece è cresciuto moltissimo, è diventato un giocatore che aiuta i compagni e non pensa solo e soltanto a fare gol. In più, si completa benissimo con Lautaro: se Simone riesce a scatenarli, ha la strada in discesa».
Già quando giocava, Inzaghi aveva qualcosa dell’allenatore?
«In campo assomigliava a suo fratello Pippo in tantissimi aspetti: oltre alla velocità e alla buona tecnica, aveva una grande professionalità. Amava prepararsi bene, studiava gli avversari e poi aveva il vizio di segnare spesso. Quando ero alla Lazio, lui era molto giovane: non immaginavo potesse diventare un allenatore, figurarsi uno così bravo. Lo stesso vale per Conceição, che sta facendo benissimo al Porto. Per altri, come Simeone, Mancini e Veron, invece, non avevo dubbi: erano più in là con gli anni, loro sembravano destinati alla panchina».
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