LEGGI ANCHE
«Ho fatto le superiori seguendo l’indirizzo del liceo scientifico sportivo, prima a casa e poi presso la scuola dell’Inter. Preso il diploma di maturità mi sono iscritto a Economia e Commercio. Mi interessano le materie, ho già dato tre esami. Calciare e pensare non sono due termini in contraddizione. Nel calcio ci vuole talento, che è una forma di intelligenza istintiva, ma pure capacità di ragionamento, visione del gioco, scelta dei tempi, disciplina tattica. Tutte cose che hanno a che fare con il sapere. Ecco, io non sento una frattura tra quello che faccio in campo e quello che mi spinge a capire i libri universitari».
Che allenatore è Thiago Motta? Dovunque è stato ha lasciato un segno e quest’ anno il vostro Bologna delizia chi ama il bel calcio. E, diciamoci la verità, nessuno a inizio campionato lo aveva previsto.
«Con lui mi trovo benissimo. È un maestro di calcio che chiede molto a ciascuno di noi e sa garantire un clima molto bello, molto sereno all’interno dello spogliatoio, in campo e fuori. Sa essere duro, quando serve. E aiuta a migliorare, tecnicamente e tatticamente».
La simpatia che la vostra squadra comunica è il prodotto di una certa allegria, di una libertà di inventare calcio e di sentirsi squadra che ormai è rara…
«Siamo un gruppo di ragazzi che hanno una gran voglia non solo di vincere, ma di giocare al calcio. Che considerano questo verbo, giocare, non come una pura definizione, ma come un invito a vivere il football come invenzione e disciplina, come talento e organizzazione. Siamo focalizzati sugli obiettivi che mister e società ci danno».
È l’Europa l’obiettivo? Sembra maturo, sembra possibile.
«Non lo so, certo sarebbe fantastico. Il nostro obiettivo è vincere ogni volta che scendiamo in campo. Non sempre ci riusciremo, ma sempre dobbiamo provarci».
Lei sembra il prototipo di un centrocampista moderno, è capace di difendere, costruire, andare al tiro.
«Cerco di fare quello che è più utile alla squadra e quello che mi è più congeniale. Mi piace fare gol, ovviamente. Ma il mio ruolo è così bello, consente di legare il gioco nostro, di interrompere quello altrui, di disegnare lanci in profondità e di costruire fraseggi da vicino. Tutto il calcio, in un ruolo solo».
Penso che lei sia il tipo di giocatore che piace a Spalletti, non solo per come gioca, ma per come è.
«Ora non ci penso, mi sembra tanto, troppo. Ovviamente sarei felice, onorato. La maglia azzurra è il sogno che popola l’immaginazione di ogni ragazzino che spera di giocare al calcio. È quindi anche il mio sogno, ma posso attuarlo solo giocando bene e comportandomi meglio. Così, solo così, questo tipo di desideri si avvera».
Non le chiedo se tornerà all’Inter o cosa farà, tanto lei non mi risponderebbe.
«Sto benissimo qui, e non è una risposta diplomatica. È un gran gruppo, ci divertiamo. Il domani lo affronteremo domani».
Lei andò via di casa per raggiungere il collegio dell’Inter a quindici anni. Si ricorda quel momento preciso?
«Ho dovuto salutare la famiglia ed è stata dura. Ero un bambino o poco più e qualche lacrima è scesa. Però è stata un’esperienza bellissima, che mi ha fatto crescere. Con molti di quei ragazzini soli ho mantenuto un legame che credo resterà per sempre. La prima notte è stata difficile, ma ero curioso di provare cose significava bastare a sé stessi, vivere senza la cura dei genitori e dunque anche avere autonomia. Mi creda, anche quando la nostalgia mi acchiappava il cuore, non ho mai avuto voglia di tornare indietro».
Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Inter senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con FC Inter 1908 per scoprire tutte le news di giornata sui nerazzurri in campionato e in Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA