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L'ex giocatore dell'Inter, Riccardo Ferri, debuttò in serie A nella stagione 81/82, proprio l'ultima rosa a mettere in fila otto giornate di campionato senza vittorie come successo adesso a Icardi e compagni, analizza. attraverso un'intervista a Tuttosport, punti di contatto e differenze tra queste due squadre distanti 35 anni.
Ferri, cosa scatta nella testa di una squadra per arrivare a risultati così deludenti?
"Non c'era un problema preciso. Stava finendo un ciclo che infatti è stato completato dall'addio di Bersellini. Con lui in panchina l'Inter aveva vinto lo scudetto due anni prima. Non si può dire che l'allenatore fosse delegittimato perché stiamo parlando di una persona carismatica tutta di un pezzo, un uomo che faceva la differenza. Ma si percepiva che eravamo arrivati al momento dei saluti. Infatti Bersellini se ne andò in un modo che ricordo ancora: scese dal pullman tre semafori dopo lo stadio di Torino al termine della finale di ritorno di Coppa Italia. Ci disse le ultime parole e tornò a Milano in auto"
Però voi riusciste a vincere la Coppa Italia nonostante il crollo in campionato.
«Esatto. Ma questo conferma che le motivazioni sono decisive. In campionato subentrò un certo rilassamento nel momento in cui lo spogliatoio capì che non avremmo potuto vincere lo scudetto. In Coppa Italia invece le cose cambiavano perché eravamo ancora in corsa per un trofeo. Questo dimostra che le motivazioni sono fondamentali quando si arriva nella parte finale della stagione».
E' qui il punto di contatto con l'Inter attuale?
«Direi di sì. Questa squadra ha spento il motore quando si è resa conto che non avrebbe potuto centrare la qualificazione alla Champions League. Ma non cadiamo nell'errore di dire che questa squadra non ha valori tecnici. Non è così».
Allora cosa manca?
«Senso di appartenenza e coesione. Prendiamo il gruppo di 35 anni fa. Era a fine ciclo, ma in precedenza aveva vinto lo scudetto del 1980 e conquistato la semifinale di Coppa Campioni nel 1981. C'era gente di esperienza e personalità come Bini, Altobelli, Oriali e Beccalossi. E' questo che non vedo adesso. E stiamo attenti a pensare che basti un allenatore a risolvere tutto. Certi valori devono averli i giocatori. La squadra deve essere in grado di reagire da sola. E' un'alchimia che va costruita giorno dopo giorno all'interno».
Quindi non bastano innesti esterni come quelli di Conte, Pepe o De Rossi?
«Non credo. La sinergia deve coinvolgere tutti: società, staff tecnico e squadra. La storia dell’Inter insegna che non sempre paga scommettere solo sull’allenatore. Zhang Jindong potrebbe fare qualcosa di simile a quello che fece Moratti quando affidò la presidenza a Giacinto Facchetti».
(Tuttosport)
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