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In tutto questo marasma, che si è creato all’Inter, gli unici davvero preoccupati sono i tifosi. In molti infatti si stanno domandando: cosa sta succedendo in casa nerazzurra? Beh, semplice, secondo la Gazzetta dello Sport, un gruppo di imprenditori cinesi, che del calcio ha poca esperienza (e del calcio italiano, nulla), si è trovato in mezzo a un gioco che fatica a governare. All’orecchio destro del padrone arrivano le voci e i suggerimenti dei dirigenti italiani (Ausilio e Gardini, quelli che spingono per la soluzione Pioli), all’orecchio sinistro giunge l’interessato consiglio di un procuratore-amico-socio, Kia Joorabchian, quello che prima ha portato sulla panchina De Boer e adesso sponsorizza Marcelino. Di certo, dopo un fallimento tanto clamoroso sarebbe un gesto di saggezza farsi da parte, però qui stiamo parlando di uomini d’affari... Ecco, l’Inter è vittima di questo teatrino, prigioniera di qualcuno che la considera uno strumento per aumentare il fatturato e non un veicolo di emozioni. La settimana più assurda (e triste) della storia nerazzurra è figlia di questi personaggi, che devono scegliere un allenatore per dare un senso a una stagione finora nerissima e magari non hanno mai giocato nemmeno una partitella all’oratorio. Già, perché qui sta il problema: a occuparsi di pallone, in questo caso, c’è gente che del pallone e del suo mondo poco sa. Saranno anche maghi dell’industria o della finanza, nessuno lo discute, ma se vogliono guidare una squadra di calcio, una delle più importanti d’Europa, devono sapere che non possono lasciarla per una settimana senza una guida, in balìa di voci e di eventi che loro stessi alimentano. Alzi la mano chi, in Italia, ha mai assistito a qualcosa di simile. Si è mai visto che la Juve o il Milan, ma anche altre società, facessero un casting per l’allenatore? E, soprattutto, si è mai visto che la sfilata fosse aperta, che tutti potessero parteciparvi, a patto ovviamente di avere un aggancio con qualcuno che stava nella stanza dei bottoni? Se si deve cambiare l’allenatore, s’individua il profilo che serve, magari se ne convocano un paio per chiarirsi le idee, e poi si decide. Mica se ne vedono tre e si parla con altri quattro o cinque, perché alla fine gira la testa anche ai manager più illuminati e preparati.
(Gazzetta dello Sport)
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