LEGGI ANCHE
Dall’altro, i club vedono nel Decreto uno strumento necessario a contrastare la concorrenza internazionale. Senza Decreto - si dice - i campioni diverrebbero inarrivabili per le deboli strutture di ricavo della Serie A che ne uscirebbe impoverita e meno competitiva nelle coppe. Arriverebbero meno premi Uefa, minori incassi e il valore del prodotto (già penalizzato) da vendere ai broadcaster ne sarebbe decurtato.
La verità sta in mezzo. I club fanno bene a utilizzare una misura vantaggiosa, anche se la norma originaria non fu concepita per acquistare calciatori a buon mercato. In fondo, però, è un mezzo lecito per difendere la propria posizione competitiva. Devono però attrezzarsi per competere con il loro prodotto, anziché affidarsi a distorsioni fiscali. Lavorare sulla crescita dei ricavi commerciali, progettare stadi moderni, gestire meglio il recruiting, investire nei vivai. Qualcuno lo sta facendo, con buoni risultati.
Inoltre occorre proteggere i calciatori meno celebrati. Se gli italiani non trovano spazio nelle rose di A e B i nostri giovani avranno meno opportunità e la Nazionale sarà sempre mortificata. Inutile lamentarsi se rimediamo figuracce in giro per il mondo. Il correttivo introdotto l’anno scorso, grazie a un emendamento del senatore Nannicini, ha colto nel segno con la soglia di sbarramento basata sull’età (20 anni) e sullo stipendio lordo (un milione) così da tutelare la fascia, molto numerosa, dei calciatori meno noti. Con più coraggio sarebbe stato meglio alzarla, ma il compromesso funziona. Tuttavia, se il calcio italiano resta appeso a un espediente fiscale, sarà sempre un minus habens tra i campionati top. I club devono creare basi più solide per la loro competitività”, si legge.
(Fonte: Corriere dello Sport)
Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Inter senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con FC Inter 1908 per scoprire tutte le news di giornata sui nerazzurri in campionato e in Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA