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Nei momenti difficili non si è mai sfogato con lei?
"Simone si tiene dentro la rabbia e cerca di trasmettere serenità. A volte ero io ad accennare il discorso delle critiche che riceveva e lui troncava rapidamente l’argomento dicendomi che sapeva come e dove nascevano, ma che non se ne curava. È un uomo educato, che ha grandi valori, e ha preferito non rispondere pubblicamente. Per lui parlano i risultati: prima di questo scudetto aveva vinto altri trofei con l’Inter arrivando anche in finale di Champions League. E così ha sempre mantenuto una grande tranquillità interiore nonostante critiche gratuite e cattive. Il suo lavoro è stato molto apprezzato all’estero: arrivano parecchie telefonate, ma lui sta bene a Milano". Così come stava bene a Roma. Uno dei suoi pregi è sapersi adattare a ogni ambiente?
"Quando andò a Roma, Simone era un ragazzo e lì è diventato uomo e padre. Si trovava benissimo alla Lazio, ha parcheggiato la macchina per vent’anni nello stesso posto, era rispettato anche dai tifosi della Roma così come a Milano accade con quelli del Milan. E questo è un riconoscimento alla persona più che all’allenatore. Mai un’offesa: per un padre è una soddisfazione che vale quanto un trofeo".
Adesso lo chiamate “demone” anche in famiglia?
"Ahahah... Ecco, le confesso che questo soprannome non mi fa impazzire. Avrei preferito “angelo” più che “demone”. Scherzi a parte, io e mia moglie Marina ci godiamo l’amore che lo circonda".
Ci sarà pur stato un momento di preoccupazione nel corso della stagione. Adesso lo può raccontare.
"Simone parla poco. Ci sentiamo una volta al giorno, spesso mi chiama al mattino alle 8 mentre porta i figli a scuola. Poi va ad Appiano Gentile e sparisce per tutti. Non mi racconta mai le cose dello spogliatoio, ma capisco che ha sempre le idee chiare su cosa deve fare. So che quando la Juventus vinse a Monza segnando in pieno recupero ebbe una reazione non proprio da lord inglese, ma in realtà non ha mai avuto un momento di preoccupazione reale perché lui è sempre concentrato sulla sua squadra e vedeva che i giocatori lo seguivano bene e che stava nascendo una grande Inter. Questo bastava per lasciarlo tranquillo".
Qual è stata la soddisfazione più grande per Simone?
"Proprio il rapporto che si è creato con il gruppo e vedere i giocatori dare il massimo sempre. Simone è orgoglioso di guidare questi ragazzi. I sei derby vinti resteranno per sempre, la seconda stella anche. Ma per lui certe cose contano ancora di più".
Da padre ha vissuto in contemporanea la splendida stagione di Simone e la difficile esperienza di Pippo a Salerno.
"Per Filippo parla la media punti: basta confrontarla con quella di chi lo ha preceduto alla Salernitana e di chi è arrivato dopo di lui. Mi piacerebbe che trovasse una squadra forte e che potesse giocare non solo per salvarsi. Sono convinto che abbia le stesse capacità di Simone. E adesso aspetto che cresca anche Lorenzo, il figlio di Simone che gioca nelle giovanili dell’Inter: è un piccolo bomber, vede la porta come il padre e lo zio".
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