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Quale?
—«Simone è cambiato. È più pensieroso, concentrato sugli obiettivi del club, sempre attento a ogni aspetto che riguarda il lavoro. Prima era più scanzonato, scherzava con maggiore facilità. Naturalmente il calcio era sempre al primo posto, insieme alla famiglia, ma mi sembrava più rilassato. Adesso Simone ha imparato a convivere con le pressioni che caratterizzano le grandi squadre, ma questo significa anche occuparsi a 360 gradi di tutto quello che può servire ai giocatori. Vive con l’Inter in testa».
Per carattere, però, Simone non è mai stato molto tranquillo.
—«È vero, ma ci sono delle sfumature caratteriali che solo noi genitori e Pippo possiamo cogliere. Ogni giorno che passa, si sente sempre più interista: con i tifosi ha un legame fortissimo. Ed è contento di confrontarsi quotidianamente con dirigenti preparati come quelli nerazzurri: il primo pensiero è quello di far crescere la società, non solo la squadra».
C’è stato qualche problema l’anno scorso, alcune critiche arrivavano anche dall’interno.
—«Quelle sono cose che riguardano loro. Nel periodo delle critiche io vedevo Simone indossare a volte una maschera: sarebbe stato più facile sfogarsi e ribattere, ma lui è stato zitto. Ha privilegiato il lavoro, convinto che i risultati gli avrebbero dato ragione. Ed è sempre stato educato e rispettoso di tutti, anche di chi esagerava nelle critiche. Il suo comportamento mi ha reso orgoglioso. A certe cattiverie avrei risposto io, ma lui mi dice sempre di stare buono».
La seconda stella è al primo posto degli obiettivi stagionali?
—«Simone vorrebbe vincere sempre, tutto. Però le racconto questo. Dopo la finale di Champions, lui era ovviamente dispiaciuto perché l’Inter andò davvero vicina all’impresa. Ma era anche sereno perché la squadra aveva fatto tutto il possibile giocando molto bene. Però mi disse: “Gianca, ricordati che io ho sempre un magone nel petto”. E il riferimento era allo scudetto della stagione precedente. Quindi vincere il campionato regalando al club la seconda stella è sicuramente un grande obiettivo».
C’è un aspetto per cui Simone è soddisfatto?
—«Per il gruppo. Non ci sono invidie, tutti capiscono le sue scelte e così è più facile anche per lui gestire la rosa. La finale, unita alla vittoria di Coppa Italia e Supercoppa, ha dato consapevolezza all’ambiente e chiunque si fida di Simone e si fa guidare».
Quanto è maturato Simone a Milano?
—«Io credo che fosse molto bravo anche prima. Ma adesso ha aggiunto altre cose al suo bagaglio. Non c’è più nulla che lo scomponga in partita o in allenamento. Se si fa male qualcuno, trova la soluzione, come è accaduto a Napoli. Alla Lazio forse era un po’ troppo amico dei giocatori, anche perché quello era stato il suo ambiente per tanti anni. All’Inter ha saputo instaurare il rapporto ideale che deve esserci tra un allenatore e i suoi calciatori. Sta dimostrando di essere concreto: un uomo che parla poco e che fa tanto. Un’anima gentile che però nel suo lavoro pretende il massimo da se stesso e dagli altri».
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