Lazio-Inter sarà decisiva per la Champions, un po' come lo era per lo scudetto in quel 5 maggio del 2002. I tifosi interisti ricordano quella data amara e molti la associano a un nome, quello di Gresko. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex calciatore dell'Inter è ritornato su quella incredibile partita:
primo piano
Gresko: “Il 5 maggio ci ha fregato la pressione. Colpevole? Altri dovevano essere decisivi”
L'ex calciatore dell'Inter è tornato sulla sconfitta del 5 maggio 2002 che costò lo scudetto ai nerazzurri
Per tanti interisti lei rimane il vero responsabile di quel Lazio-Inter del 2002.
«Bisogna prendersi le proprie responsabilità. Mi prendo le mie, ma erano altri quelli che quel giorno dovevano essere decisivi...».
Ma su quel retropassaggio che ha mandato in gol Poborsky per il momentaneo 2-2 cosa le era passato per la testa?
«Forse pensavo che Toldo uscisse, ne abbiamo riparlato con Francesco. La verità è che davvero nel calcio si vince e si perde tutti insieme».
Quella giornata da incubo le ha cambiato la vita?
«Vincendo quello scudetto probabilmente diverse cose sarebbero andate in modo diverso, anche per l’Inter. Ma la mia filosofia è non voltarsi mai indietro, guardare sempre avanti. Tanto che poi l’Inter ha vinto tutto».
Se pensa al 5 maggio qual è la prima immagine che le viene in mente?
«Tante e nessuna. Il vero punto è che si è scritto tanto e solo di quella partita. Ma noi lo scudetto abbiamo iniziato a perderlo in casa contro l’Atalanta (nel dubbio, ero assente per squalifica) e a Verona, quando ci sono state cose strane a livello arbitrale come a Venezia quando si inventarono un mio rigore su Maniero. Però con il Chievo siamo stati polli noi a farli pareggiare durante il recupero. Anche se non è facile, bisogna accettare certi verdetti e fare anche mea culpa».
Come per il 5 maggio.
«Certo. Sull’1-0 a Roma abbiamo avuto diverse occasioni per raddoppiare, come poi sul 2-1. Io poi avevo ancora poca esperienza internazionale. Ma non è certo una scusa».
Dica la verità, quel giorno avete preso un po’ sottogamba la Lazio, convinti che si scansasse?
«Assolutamente no. Come non avevamo sottovalutato le avversarie che all’ultima giornata mi hanno tolto il titolo anche in Slovacchia con l’Inter Bratislava e in Germania con il Bayer Leverkusen. Il 5 maggio ci ha fregato la pressione».
Ma Poborsky lo ha più sentito?
«No, mai stati amici».
Ora l’Inter ha la possibilità di vendicare quel pomeriggio da cani. Ma la pressione sarà di nuovo altissima.
«Tifo Inter e penso che giocare fuori possa essere un vantaggio. Servirà una grande prestazione, oltre a un po’ di fortuna».
In nerazzurro sta facendo molto bene il suo connazionale Skriniar.
«Milan per me è una sorpresa relativa. Ha talento ed è un grande lavoratore, con enormi margini di crescita. Viene da un’ottima stagione, ma sono sicuro che le migliori devono ancora arrivare».
Cosa fa lei oggi? E che tipo di rapporto è rimasto con l’Inter e con l’Italia?
«Buono, sento ogni tanto Toldo e Zanetti. Sono stato in sede poco tempo fa. Sono rimasto un po’ nel calcio anche quando ho smesso di giocare. Ora basta. Sono un imprenditore, teatrale ma non solo. Vengo spesso in Italia, anche a Parma dove ho giocato qualche mese dopo l’Inter. Qui ho diversi amici compreso il console slovacco. E poi mio figlio Samuel, 12 anni, promette bene come centrocampista centrale. Chissà che prima o poi non finisca col giocare in una squadra italiana».
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