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Guarin: “Derby? Vince l’Inter, la amo: per lei dissi no alla Juve. Barella e Lautaro…”

Marco Astori Redattore 
Le parole del centrocampista: "La seguo sempre e tifo per il ventunesimo scudetto. È la squadra più forte d’Italia. Vorrei tornare a San Siro e salutare i tifosi"

Fredy Guarin, ex centrocampista dell'Inter, ha concesso un'intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport verso il derby di questa sera. Impossibile non partire dal suo gol nel 2015: “Cosa mi ricordo? Il boato di San Siro. Io, un ragazzo colombiano cresciuto coi nerazzurri nel cuore, che fulmino Diego Lopez e regalo tre punti alla mia squadra. Quei colori sono stati la mia vita, ne sono ancora innamorato”.

Javier Zanetti le è stato vicino: cosa rappresenta?

“Un esempio. Il bello è che tutt’oggi, a distanza di un decennio, mantiene sempre quel maledetto ciuffo di lato, mai scomposto. Sono sicuro che quando avrà cent’anni sarà uguale. Fu il primo ad accogliermi quando arrivai in Italia”.

Come fu l’impatto?

“Ricordo la neve e una temperatura sottozero di 10 gradi. Il cruscotto della macchina segnava la cifra e rimasi basito. Io arrivo da Oporto, quindi immaginerà… grandi spiagge, sole, un vento leggero. Quando sbarcai in Italia andai a fare le visite mediche a Como e le montagne avevano le cime innevate. ‘Ma dove diamine sono capitato…’, pensai”.

Domenica c’è il derby. Lo descriva in un parola.

“Cuore. Inter-Milan ferma l’Italia. Ho ancora diversi amici nerazzurri e rossoneri. Milano mi è rimasta nel cuore”.

Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan. In un centrocampo simile il miglior Guarin avrebbe trovato spazio? Sorride, ci pensa un po'.


“Boh… forse sì dai. Loro tre, comunque, sono dei fenomeni. Calha è uno che ti fa dire ‘mamma mia, tanta roba’. Gioca un calcio libero e geniale, ma il mio preferito è Barella”.

Si rivede in lui?

“Tecnicamente siamo diversi, ma dal punto di vista del cuore e della grinta sì. Non molla un filo d’erba, anzi, se la mangia”.

Lautaro è da Pallone d’Oro?

“Può ambire a vincerlo. È un leader nato e un ottimo capitano. Lui e Thuram stanno facendo cose straordinarie”.

E di Inzaghi cosa la intriga?

“La sua capacità di tenere il gruppo sul pezzo. Ha costruito una squadra vincente partendo dall’alchimia tra i giocatori. Con lui dai il massimo anche se stai in panchina. Così si vincono gli scudetti”.

All’Inter ha avuto Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri e Mancini. Ce li racconti tutti con una fotografia, un aneddoto. Il primo: Claudio.

“Un gentleman. L’ho avuto poco, ma ricordo i suoi modi gentili”.

Stramaccioni.

“Un amico. Nel senso che essendo poco più grande di noi si comportava come tale e ci piaceva. Ho apprezzato la sua umiltà e la sua determinazione. Non stava mai fermo”.

Mazzarri.

“Un insegnante. Uno dei migliori mai avuti. Con lui maturavi molto e lo facevi attraverso un dialogo costante. È uno di quelli che ti dà uno schiaffo, in senso metaforico, ma ti fa capire come mai te l’ha dato. Litigammo un paio di volte in modo serio. La più importante in occasione dello scambio mancato con Vucinic nel 2014…”.

Ci racconti come andò?

“Mazzarri voleva Vucinic, ma io spinsi fino alla fine per restare. A quei tempi mi davano del traditore, ma io non volevo lasciare l’Inter. Non fu un bel momento, ma fa parte della vita. Alla fine, comunque, rimasi all’Inter e ne fui davvero felice. Non sarei mai andato alla Juventus”.

I bianconeri la cercarono già nel 2012, vero?

“Sì, quando ero al Porto avevano quasi chiuso l’affare, ma io scelsi l’Inter. E non mi sono mai pentito. Il giorno in cui lo scambio saltò parlai faccia a faccia con i dirigenti e gli spiegai mia volontà”.

Chiudiamo con l'ultimo: Mancini.

“Un maestro di calcio. Ogni tanto ci scriviamo ancora. ‘Guaro, come stai?’, mi chiede. Gli rispondo che me la cavo”.

Sente anche Moratti?

“Certo. Un secondo padre. Dopo avermi visto segnare il primo gol all’Inter mi invitò a casa sua e parlammo a lungo, di calcio e di vita”.

Qualche aneddoto sparso. Su Cassano che ci racconta?

“Potrei scrivere un libro. Le dico questa: ai tempi di Stramaccioni realizzai un bel gol da calcio d’angolo contro il Napoli. Uno schema preparato in settimana. Prevedeva un mio inserimento da dietro all’improvviso, senza che nessuno se ne accorgesse. Nei giorni precedenti Cassano non riusciva a battere i corner nel modo giusto perché non aveva voglia, ma ci disse di stare tranquilli perché tanto in partita l’avrebbe messa dove voleva lui. E così fu. Un grande”.

Un compagno che ricorda volentieri?

“Tanti. Zanetti, Cordoba, Nagatomo, Palacio. Lui soffre di claustrofobia. Ogni volta che prendevamo l’ascensore gli facevamo qualche scherzo. Lui era terrorizzato”.

Ma il Guarin di oggi quanto varrebbe?

“Non saprei, sono altri tempi...”.

Insomma, come finisce il derby?

“Vincerà l’Inter, è ovvio. La seguo sempre e tifo per il ventunesimo scudetto. È la squadra più forte d’Italia. Vorrei tornare a San Siro e salutare i tifosi. Mi mancano, e spero sia lo stesso anche per loro".