"Lo chiamavano «il Quinto Beatle». Era affascinante, sfacciato, «bello come un attore di Hollywood», idolatrato dal pubblico femminile. Ma George Best era soprattutto sublime sul campo da calcio, con la sua grazia da ballerino e quei dribbling labirintici con cui stordiva i difensori e incantava i tifosi."
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Best «incarnava la nuova fiducia che i giovani nutrivano in sé stessi», proprio i Beatles: era il simbolo dei cambiamenti sociali dell’epoca. Era un’icona pop, un giovane dio bello e ricco, e tutti lo volevano. L’apice della storia giunse il 29 maggio 1968, quando il Manchester United sconfisse il Benfica per 4-1 in una partita dall’alto valore simbolico, in cui la squadra rese omaggio ai giocatori morti nella tragedia aerea di Monaco dieci anni prima. Un sogno: eppure Best, quella notte, era corroso dalla delusione. Pensava che avrebbe dovuto fare di più, e reagì prendendosi una sbronza. Il dio cominciò a cadere. (dalla recensione di Giorgio Fontana)
Duncan Hamilton, "George Best, l'immortale", 66thand2nd
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