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Da dove tutta questa fiducia?
—«Dal fatto che contro i rivali più forti l’Inter ha fatto le partite migliori. Ecco, in questa finale tutti devono essere al loro migliore livello per 100 minuti e allora sì che ci si divertirà».
Quali sono i punti deboli della corazzata di Guardiola?
—«L’aggressione che portano è asfissiante, vogliono sempre controllare la palla, ma alle spalle dei centrali c’è spazio. E lì che puoi attaccare in velocità: per questo, almeno per me, dovrebbe giocare dall’inizio Lukaku piuttosto che Dzeko. Edin è un giocatore fantastico, bravissimo con la palla, ma non ha lo stesso scatto in campo aperto: per il City sarebbe più facile da fermare».
Vede un Ince in questa Inter?
—«Abbiamo fisici diversi, ma a me piace tanto la grinta di Barella: si vede che è un altruista. Avrà nella sua zona rivali come Gundogan, Rodri e De Bruyne, ma con Calhanoglu, Mkhitaryan, Brozovic può vincere la battaglia di centrocampo: chi la spunta là, comanda il match. Certo, se pensi pure ad Haaland, rischi il mal di testa, ma difendendo di squadra puoi almeno limitarlo».
Che significato dà a queste tre finali europee delle italiane?
—«Che il calcio “is back”: non è uno slogan e, vincendo la Champions, l’Inter potrebbe guidare ancora di più la ripresa. Anche se ora la Premier è il top dal punto di vista economico, gli italiani sanno sempre competere come nessuno. E questo Guardiola lo sa...».
Se fosse nello spogliatoio prima della finale, il governatore cose direbbe ai ragazzi?
—«Più o meno questo: “La strada è stata lunga, abbiamo lasciato sangue e lacrime lungo il terreno: non abbiamo lottato invano, ora portiamo il trofeo a Milano”. Dà abbastanza carica, no?»
(Gazzetta dello Sport)
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