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Ince: “Inter, col City devi crederci. Deve giocare Lukaku. Barella, che grinta! Si sbaglia…”

In una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista nerazzurro ha parlato della finale di Champions

Ha vestito la maglia dell'Inter per due stagioni, tanto è bastato a Paul Ince per innamorarsi dei colori nerazzurri. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista dice la sua sulla finale di Istanbul. "Bicchiere di vino, divano e... sciarpa nerazzurra al collo: dopo aver sofferto tantissimo nei turni precedenti come ogni tifoso, voglio godermi questa benedetta finale. Chi pensa che sia persa in partenza si sbaglia di grosso".

Ex Red Devils ed ex Inter, la finale col City vale doppio?

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«Sono pur sempre un signore inglese di 55 anni, non posso dire altro... (ride, ndr). Però ai miei tempi allo United la rivalità più grande la vivevamo con il Liverpool: il City non era certo questo, a volte non era in prima divisione. È chiaro che, vedendo il gioco spettacolare di Guardiola, ogni amante del calcio pensa che il suo City meriti questo trofeo per consacrarsi. Ma questo aggiunge pressione a loro e aiuta l’Inter... Mi auguro solo che ci si diverta e che sia una gara diversa da Roma-Siviglia: lì abbiamo visto uno spettacolo tremendo».

Sorpreso di vedere l’Inter in questa finale?

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«Se pensi al girone con Barcellona e Bayern, sì, può essere una piacevole sorpresa ma il percorso successivo è d’élite e non deve sorprendere nessuno. Io so cosa significa un derby a Milano: è la partita più sentita e vibrante che abbia mai giocato, figurarsi stavolta che è stata una semifinale di Champions. Quanto mi sarebbe piaciuto stare in campo, sentire la gente chiamarmi “governor”, “governatore”! L’Inter ha passato quella battaglia a San Siro ed è a Istanbul con merito».

Ma quante chance ha davvero contro questo City?

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«È football questo, eh... Ciò che pensi prima può essere stravolto dopo. Un errore individuale, una palla che rimbalza di qua o di là, una cattiva giornata di qualcuno, una decisione al Var: quando dico che può succedere di tutto, lo penso davvero... I tifosi dell’Inter a cui mi sentirò legato per sempre devono crederci, ma sono sicuro che i giocatori ci credono già: devono essere una cosa sola, una squadra come piace a me. E lo sono, si vede subito...».


Da dove tutta questa fiducia?

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«Dal fatto che contro i rivali più forti l’Inter ha fatto le partite migliori. Ecco, in questa finale tutti devono essere al loro migliore livello per 100 minuti e allora sì che ci si divertirà».

Quali sono i punti deboli della corazzata di Guardiola?

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«L’aggressione che portano è asfissiante, vogliono sempre controllare la palla, ma alle spalle dei centrali c’è spazio. E lì che puoi attaccare in velocità: per questo, almeno per me, dovrebbe giocare dall’inizio Lukaku piuttosto che Dzeko. Edin è un giocatore fantastico, bravissimo con la palla, ma non ha lo stesso scatto in campo aperto: per il City sarebbe più facile da fermare».

Vede un Ince in questa Inter?

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«Abbiamo fisici diversi, ma a me piace tanto la grinta di Barella: si vede che è un altruista. Avrà nella sua zona rivali come Gundogan, Rodri e De Bruyne, ma con Calhanoglu, Mkhitaryan, Brozovic può vincere la battaglia di centrocampo: chi la spunta là, comanda il match. Certo, se pensi pure ad Haaland, rischi il mal di testa, ma difendendo di squadra puoi almeno limitarlo».

Che significato dà a queste tre finali europee delle italiane?

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«Che il calcio “is back”: non è uno slogan e, vincendo la Champions, l’Inter potrebbe guidare ancora di più la ripresa. Anche se ora la Premier è il top dal punto di vista economico, gli italiani sanno sempre competere come nessuno. E questo Guardiola lo sa...».

Se fosse nello spogliatoio prima della finale, il governatore cose direbbe ai ragazzi?

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«Più o meno questo: “La strada è stata lunga, abbiamo lasciato sangue e lacrime lungo il terreno: non abbiamo lottato invano, ora portiamo il trofeo a Milano”. Dà abbastanza carica, no?»

(Gazzetta dello Sport)