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Ince e l’addio all’Inter: “Moratti devastato. Via per una ragione. Derby? Desailly si rifiutò…”

In una lunga intervista a Sky Sports, l'ex centrocampista nerazzurro ripercorre la sua avventura all'Inter

Gianni Pampinella

Paul Ince sbarcò a Milano nell'estate del 1995. L'ex centrocampista non era preoccupato per gli insulti che avrebbe ricevuto per il colore della sua pelle. Non lo spaventava perché era un ragazzino cresciuto per le strade di Dagenham, lì dove gli insulti a sfondo razziale erano all'ordine del giorno. Ma dopo essere atterrato a Milano, realizzò rapidamente un tipo di ambiente calcistico molto diverso dalla Premier League. Scritte razziste fuori da San Siro avevano 'salutato' il suo arrivo - 'n *** o di m *** a. "Quelle scritte non mi hanno infastidito. Sono stato abituato a subire abusi razzisti con i miei amici per le strade di Dagenham e il razzismo era diffuso nei primi anni '80 quando ero al West Ham. Non era qualcosa che mi avrebbe dissuaso da quella che era la mia missione all'Inter", racconta Ince a Sky Sports.

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""In Italia c'era una cultura in cui pensavano che fosse giusto dirlo, gridare insulti razzisti ai giocatori neri. Ma il fatto era che stavano arrivando sempre più giocatori neri in Serie A, quindi abbiamo sentito che era un qualcosa che andava fermato". Purtroppo, 25 anni dopo continuano a verificarsi  episodi di razzismo, Romelu Lukaku è uno che ha vissuto situazioni simili a quelle di Ince. "È triste che stia ancora succedendo. Non credo che abbiano preso le misure che abbiamo preso in Inghilterra per scoraggiare questo tipo di cose. Se guardi alcuni paesi europei e alcuni paesi dei Balcani, sembrano pensare che faccia parte della loro cultura e pensano che sia giusto insultare delle persone di colore".

""Abbiamo fatto un ottimo lavoro eliminandolo in Inghilterra: giocatori, stampa, FA, Premier League, EFL e LMA. Abbiamo sempre fatto tutto il possibile per sradicarlo. Ma in Italia non pensano che sia così brutto".

PASSAGGIO ALL'INTER

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"Poi Ince ricorda il suo passaggio dal Manchester United all'Inter: "Stavo giocando a golf con Ryan Giggs. Ero alla 16a buca, poi, ho ricevuto una telefonata da Alex Ferguson per dirmi che era arrivato al golf club. È stato come quando l'insegnante dice che devi andare a vedere il preside e pensi, cosa ho fatto? Sono salito sulla sua macchina ed è stato allora che mi ha detto che avevano accettato un'offerta dall'Inter. Era proprio così. Non volevo andare, ma quando un club accetta un'offerta per te significa che devi andare".

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Dopo due viaggi in Italia e un soggiorno di tre mesi in hotel, Ince e la famiglia avevano finalmente trovato la casa dei loro sogni sul Lago di Como, ma non prima che Sir Alex Ferguson facesse un'inversione a U e avesse tentato di convincere Ince a rimanere all'Old Trafford con una telefonata. Tutto questo accadeva mentre Moratti e il suo entourage erano seduti nella casa di Ince a Manchester con il contratto in mano.

""Ha detto che non voleva che me ne andassi. Ho quattro italiani qui accanto che stanno per firmare e mi stai dicendo che vuoi che rimanga adesso? Gli ho augurato buona fortuna. Ho messo giù il telefono, sono andato in cucina e ho firmato. Un minuto dopo ero in Italia".

SERIE A E DERBY

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""Quando vai in questi club in Italia sei di loro proprietà per 24 ore al giorno. O stai facendo un forum con i tifosi o stai al campo di allenamento durante la notte, quindi è stata dura per mia moglie e mio figlio. Essere soli in un paese straniero quando non capisci la lingua non è facile. Ma quando pensi al campionato in quel momento, era il miglior campionato del mondo. Questa è stata la cosa più bella. Avevi Roberto Baggio, Georgie Weah, Franco Baresi e Paolo)Maldini, potrei andare avanti... Ho avuto la fortuna di avere un compagno di squadra, Massimo Paganin, che era il mio migliore amico in Italia e parlava un inglese fluente quindi era il mio compagno di stanza. Questo ha aiutato immensamente. Sono stato accolto molto bene".

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"Ho giocato molti derby - derby di Londra, derby di Manchester, e sono molto combattuti, ma il derby di Milano è stato qualcosa di diverso. Normalmente il calcio d'inizio era previsto per le 20, ma a quell'ora non potevamo giocare perché ci sarebbero stati così tanti fuochi d'artificio e fumo che non avresti potuto vedere la persona accanto a te. Dovevamo aspettare che il fumo si diradasse prima di poter iniziare la partita.

"Ricordo che avevano fatto un grande cartellone nella città di Milano con me e Marcel Desailly perché saremmo stati noi a darci battaglia. Dovevamo andare in questo magazzino e fare un 'ruggito', mettendoci faccia a faccia. Avevamo deciso di farlo mercoledì mattina, ma Desailly si era rifiutato di venire perché era il derby di Milano. Non voleva stare vicino a me, quindi sono dovuto andare a farlo da solo e lui è andato il giorno dopo. Ricordo il primo minuto del derby di Milano e l'ho distrutto. Era steso a terra e gli ho detto di alzarsi. Con quel tipo di tono che i tifosi adoravano"

"Il suo rapporto con la Curva Nord è stato speciale: "Ho avuto un ottimo rapporto con loro che ha reso ancora più difficile lasciare il club perché mi volevano bene".

FINALE UEFA E L'ADDIO

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"La sconfitta contro lo Schalke in finale di Coppa Uefa perseguita ancora Ince. "Io e Djorkaeff eravamo squalificati all'andata, avevamo perso 1-0. Ma nella gara di ritorno a San Siro  li abbiamo battuti. Abbiamo vinto 1-0 ma non siamo riusciti a segnare il secondo. Sarebbe stato bello vincere un trofeo là fuori, ma so che Moratti voleva disperatamente vincere lo scudetto".

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La famiglia è stata la ragione principale per cui Ince ha ritenuto di dover tornare in Inghilterra. "Ero devastato. Ho detto a mia moglie Claire 'siamo qui sul lago e tutto è perfetto' ma la scuola di Thomas non stava andando alla grande e lei voleva farlo andare in una scuola di inglese. Anche Moratti era devastato. Voleva offrirmi un nuovo contratto di cinque anni. Mi ha detto che avevano appena preso Ronaldo il Fenomeno. Ho pensato "wow" ma poi il Liverpool ha chiamato. Probabilmente è stata la decisione più difficile che abbia mai dovuto prendere".

""È stata una decisione di cui mi pento, ma ma allo stesso tempo non me ne pento perché ho preso la decisione per le giuste ragioni: è stata una decisione di famiglia".

L'Inter adesso è vicina a vincere lo scudetto 11 anni dopo quello del 2010: "Penso che Antonio Conte abbia fatto un ottimo lavoro e spero che ci riesca perché è ancora la mia squadra".

(Sky Sports)

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