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L'Inter è in salute e la prova contro il Chievo ne è la dimostrazione. Si riconosce una squadra felice dalle pose in campo, dagli sguardi mai acuminati e laterali, dalla voglia di riprovarci subito e sempre, vedi il quinto gol al 92’ preceduto da altre due occasioni. L’Inter vive questo stato di ebbrezza; anziché far passerella, cerca di mostrarsi ancor più forte. Ci riesce. Non c’è interista che sia meno felice a partita finita rispetto all’inizio, quando si teme una versione sudaticcia e provvisoria, souvenir del passato. L’Inter sa benissimo da dove arriva il destino, perché è da venerdì sera che pensa di poter sistemarsi in vetta, quindi si presenta all’appuntamento nella dimensione adatta: irresistibile e strafottente, evitando di irrigidirsi per l’impazienza. Tira verso la porta 32 volte: inizia dopo 49 secondi, finisce soltanto quando termina il tempo, non la voglia.
L’Inter non era in testa da sola, esclusi i sorpassi falsi e cronologici degli anticipi, da quasi due anni, e la buona memoria della sua gente non scorda come andò a finire (a 24 punti dalla prima). Stavolta non servirà molto tempo per interrogarsi sul futuro, sabato il viaggio a Torino darà risposte più vere. E meno aiuti in stile Chievo. Lo scetticismo derivante da scottature recenti magari non fa guardare allo scudetto, però un posto nel vagone della nuova Champions, visto che basta la quarta piazza per salirci, può essere accarezzato. L’ottimismo che scaturisce invece dalla svolta spallettiana porta a pensieri più eccitanti. Vengono nascosti per ragioni di sobrietà dai giocatori, non dal pubblico anche ieri molto vicino.
(La Gazzetta dello Sport)
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