E' Lautaro Martinez l'ospite dell'episodio due di "Careers" di DAZN. Il centravanti dell'Inter ha ripercorso tutta la sua carriera partendo dagli inizi da bambino: "Quando giocavo al Liniers mi accompagnava mio padre, che era arrivato a giocare lì: ho tanti bei ricordi, l'emozione di un piccolo che voleva imparare tanto e diventare un calciatore professionista. Avevo i capelli lunghi ma ho dovuto tagliarli perché andavo in piscina e volevano farmi mettere il cappello. Ma mi piacevano. Ero già un attaccante, ma da piccolo ero difensore come mio padre, da libero: poi ho cominciato a giocare esterno perché ero più veloce, mi piaceva fare gol. Mio padre mi voleva attaccante".
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Inter, Lautaro: “Mia figlia mi ha cambiato la vita. Milito un amico, mi aiuta sempre”
Le parole dell'argentino: "La famiglia? Loro sono la mia vita, ogni giorno che arrivo a casa ci sono loro, sono la mia vita"
Tuo fratello?
"Anche lui ha questa cosa dello sport che ha sempre avuto: tutti facevamo sport in famiglia. Ma lui ha voluto il basket perché abitavamo in una casa con un campo di fianco: ha cominciato calcio e voleva andare in porta ma non voleva. Poi ha cominciato basket e ora è diventato professionista, ha firmato da poco un contratto: sono orgoglioso di lui perché lavora tanto".
Hai mai pensato ad un altro sport?
"Sì, io mi sono allenato a basket: poi ho dovuto scegliere e il calcio per me è una vita, è stato semplice scegliere. Ma il basket mi è piaciuto sempre tanto".
Il debutto col Racing?
"Un momento unico nella vita di un calciatore. Ho esordito con un giocatore (Milito, ndr) che ha fatto la storia del calcio e oggi è un mio amico, ci sentiamo sempre: mi ha dato una mano sempre quando avevo bisogno, ho imparato tanto da lui. E' un momento che porto sempre con me. Sapevo cosa significasse lui per il calcio e per il Racing, lui è uscito tra gli applausi e io avevo il sogno di uscire una volta come ha fatto lui. Poi dopo tanto lavoro credo di averlo fatto e sono molto contento".
L'esultanza del Toro?
"Nasce con un compagno di squadra, abbiamo fatto tipo specchio. Poi lo trasformato nelle corna del toro: poi ho continuato a farlo. Come soprannome mi piace, me l'hanno dato da piccolo ed è rimasto: da 15 anni mi chiamano così, mi piace e mi sta bene. Esultanza col mate? L'ho fatto con Correa l'altra volta".
La Copa America?
"Emozione unica: la nazionale argentina non alzava una coppa da 28 anni, era il sogno anche di Messi. Era pure il sogno nostro perché era un periodo difficile per tutti: volevamo dare all'Argentina la voglia di passare il momento brutto che stiamo vivendo con la pandemia e dopo anni alzare questa coppa al Maracanà sembrava scritto: un bel ricordo. Io tra i grandi argentini? Non so se è così, sono passati tanti grandi che però non sono riusciti a vincere: sono contento di aver contribuito a questo sogno per tutti noi, la coppa era importante e l'abbiamo vinta con un gran calcio e un grande spirito di squadra. Il Pallone d'Oro di Messi? Non posso dire niente di lui, è il migliore al mondo: ne ha vinti sette. Questa Copa America per lui è stata importante per vincerlo, l'ha detto anche lui. Gli faccio i complimenti".
La famiglia?
"Mi viene da piangere, è stato un anno difficile: è la famiglia quella che ti sta sempre dietro. Loro sono la mia vita, ogni giorno che arrivo a casa ci sono loro, sono la mia vita. Quando esulto guardo sempre lì perché da quando è nata la mia bimba mi è cambiata la vita: sono maturato tanto dentro e fuori dal campo. Lei è una guerriera, è sempre dietro a non farmi cadere e farmi stare sempre sul pezzo. Per un calciatore è importante la famiglia".
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