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Romelu Lukaku è sicuramente il calciatore più rappresentativo dell'Inter di quest'anno. Il belga è stato protagonista di un exploit che ha lasciato tutti a bocca aperta. Sottolinea il Corriere dello Sport:
"Dieci mesi fa era leggibile, adesso è diventato un imprendibile. Guardi Lukaku e ti domandi dove l’hai già visto uno così. Uno che ha il fisico del centravanti classico e che invece gioca come un’anomalia. Desidera la palla tra i piedi e vuole campo avanti. Non chiede di essere cercato via cielo con un cross dall’ala. Era l’equivoco in piedi con Conte a ottobre. Chiede di usare il fisico a modo suo, non come un numero nove del passato ma come nel calcio contemporaneo si farebbe per ricoprire due o tre ruoli differenti. La bellezza di uno come Lukaku, rispetto a un Drogba, a un Weah, a un Adriano, sta nel vedergli mettere sul prato i suoi chili e i suoi muscoli sia come un centometrista sia come uno Shaquille O’Neal. Essere due sviluppi possibili di un corpo solo".
Paragone ambizioso, ma che sembra assolutamente corretto. Continuano i colleghi: "Come Shaquille, se a Lukaku manca qualcosa, quel qualcosa è nella sensibilità del tocco, nella raffinatezza tecnica. Quando deve giocare di sponda, spalle alla porta come a suo tempo il centro dei Magic e dei Lakers faceva con il canestro, qualche imprecisione va messa in conto. Di Shaquille non era celebre la mano delicata".
Diverse le similitudini anche fuori dal campo: "I due hanno avuto infanzie simili. Shaq figlio di un cestista e con un cestista per padre adottivo, Romelu figlio di un calciatore e in battaglia contro la povertà di una madre che mescolava l’acqua al latte e non aveva i soldi per pagare le bollette. In comune hanno pure la propensione alla musica. Shaq ha pubblicato diversi album da rapper. Il primo, Shaq Diesel, ha venduto più di un milione di copie. Lukaku è un dj per divertimento.
A Manchester aveva un impianto professionale in casa, a Milano teme le reazioni dei vicini. Shaq ha un nome che significa “Piccolo Guerriero”. Lukaku uno - Romelu- che è l’acronimo dei tre di suo padre più un cognome che in Inghilterra è diventato un verbo nello slang giovanile, to lukaku, per indicare l’azione in cui si smarrisce qualcosa per mancanza di abilità. Uno sfottò nato ai tempi in cui era maldestro e per quasi 10 partite non segnava. Ora che ne ha fatti 31 in una stagione, ora che sono 12 nelle ultime 9 partite europee, to lukaku vorrà dire altro. Acchiappatemi. Se ci riuscite".
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