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PRIMO DERBY - "Nel ‘63. Subito in gol. Avevo uno del Milan sempre attaccato alla schiena. Non ricordo il nome. Mi seguiva dappertutto, anche quando Herrera urlò di avvicinarmi alla panchina perché aveva un paio di cose da spiegare. Senza il Mago non ci sarebbe stato Mazzola. Herrera allenava prima la testa e poi le gambe perché le gambe rispondono alla testa, e aveva sempre la parola giusta al momento giusto, un motivatore eccezionale. Mourinho gli somiglia".
STRANO DERBY - "Americani, cinesi. Da troppi anni il derby non è più dei calciatori ma solo dei tifosi. Lo straniero gioca per una vittoria che è uguale ad un’altra, il tifoso vuole essere la prima squadra di Milano, tiene in vita valori che vengono da lontano".
SPALLETTI - "Spalletti mi piace, è determinato. Gattuso non lo calcolo, fa parte dell’altra metà della mela e io sono un mezzo Prisco, anche per me il Milan non esiste. Come disse l’avvocato, “a Milano ci sono due squadre: l’Inter, e la Primavera dell’Inter”".
LA CORTE DEL MILAN - "Uno scambio di battute all’Assassino, da Gori, il ristorante preferito suo e di Cesare Maldini. Informai l’Inter ma non mi presero sul serio: «E noi chiediamo Rivera!». Rocco mi apprezzava, ma era l’altro, degli altri. Quando nel derby segnai dopo 13 secondi andai a esultare davanti alla sua panchina e urlai: “Ciao, Paròn!”. Lui mi mise Trapattoni a uomo e non toccai più palla. Alla fine si avvicinò e mi beccai il suo: “Ciao mona!”".
(Fonte: Corriere dello Sport)
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