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«Ci ho creduto veramente. Fassone mi diede grande forza, dicendomi: “Massimo, se pensi sia forte, prendiamolo, non mi interessa del resto”. Non fu semplice portare in quella situazione, in un club importante come il Milan, quel Calhanoglu. Era davvero fuori dai radar, diciamo così. Pensi che quando Montella venne esonerato dal Milan, si lamentò di averlo trovato nello spogliatoio. O meglio, che non fosse un calciatore scelto da lui, ma da me».
Cosa l’aveva colpita di Hakan al Leverkusen?
«Era già allora un calciatore straordinario, che oggi conferma tutto quello che pensavo di lui. Io anni fa, ai suoi allenatori al Milan, dicevo che sarebbe stato un grande play. In Germania giocava esterno a sinistra, largo a destra, ma pure centrale nel 4-4-2. Oltre ad avere qualità fisiche e tecniche importanti, dove lo mettevi ti sfoderava una grande prestazione. Cioè, quasi ti sfidava a scoprire quale fosse il ruolo, dove potesse esprimersi meglio».
Calhanoglu è sempre stato forte, insomma.
«Tatticamente intelligente, un piede come il suo lo hanno in pochi al mondo. Non gli manca nemmeno la corsa. Oggi è il miglior play al mondo. E avevo ragione quando ne parlavo in questi termini con Montella e Gattuso».
Al Milan anni comunque importanti per Calha.
«Il suo procuratore sottolineò come il ragazzo avrebbe gradito la 10. Gli promisi quella casacca solo se avesse fatto un lavoro importante a casa, dato che lo incontrammo prima del suo trasferimento a Milano. Lui era affascinato di poter indossare quel numero, tanto da avere il 10 anche tatuato sulla pelle».
Calhanoglu fece la differenza al Milan, ma oggi è tra i migliori al mondo.
«In rossonero ha fatto tanto, tanto, tanto bene. Oggi ha ritrovato una collocazione tattica, in un sistema di gioco più congeniale. Al Milan ha ricoperto tanti ruoli e fu protagonista».
In che rapporti siete rimasti?
«Lo sento ancora affettuosamente. Mi chiama "father", papà, visto che sono stato importante per la sua carriera, il suo padre calcistico. Non l’avessi portato al Milan, avrebbe forse rischiato di perdersi».
Oggi i tifosi milanisti non lo vedono di buon occhio, diciamo così.
«Quando un giocatore passa da una sponda all’altra è normale che ci siano certi tipi di reazione. I rossoneri sanno di aver perso un giocatore importantissimo, che oggi fa benissimo all’Inter. E questo ovviamente non può far piacere in casa Milan».
I nerazzurri l’hanno soffiato ai rossoneri offrendo solo 500 mila euro in più di ingaggio rispetto a quanto avrebbe percepito al Diavolo.
«La verità è un’altra. Cioè che qualcuno voleva cancellare il lavoro che era stato fatto. Il Milan doveva lottare per tenerlo, non lasciarlo andare via gratis come successo poi anche con Donnarumma e Kessie. I tifosi al Milan lo ammiravano. Oggi pensano che abbia tradito i rossoneri, ma non è così. È il Milan che non ha voluto trattenere Calhanoglu, non Calhanoglu che se n’è voluto andare via dal Milan».
Se oggi il turco fosse ancora rossonero, la classifica sarebbe diversa?
«Lui è uno che fa la differenza. Quei punti di distacco che ci sono adesso tra Inter e Milan, forse sarebbero stati ribaltati se Calha fosse rimasto. I rossoneri devono mordersi le mani per quanto accaduto».
Cosa vuole dirgli?
«Tanti auguri Hakan. Anzi, tanti auguri “My son”, figlio mio. Continua così».
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