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L’Inter assaggia l’odore della battaglia: un’onda d’amore per la storia. Inzaghi? Ha ragione Zhang
La fede calcistica è qualcosa di eternamente spirituale. Oggi, ad Appiano Gentile, è andato in scena un vero e proprio atto di fede. Gente che da ogni dove ha risposto al richiamo della Curva Nord e si è ordinatamente stipata dietro le transenne. Quelle transenne, poste davanti all'ingresso della Pinetina, per disegnare il perimetro del fuoco sacro. Lì nel mezzo si è consumato qualcosa di difficile da descrivere. Dovevate esserci per sentire le vibrazioni quasi religiose dell'evento. Le hanno sentite i tifosi, accorsi in massa. Giovani, anziani e bambini. Le hanno sentite i giocatori e mister Inzaghi. Gli eroi di un popolo, chiamati a raccolta prima della battaglia più importante.
I cori, prima di tutto. I cori martellanti che hanno invaso Appiano Gentile, con quella cadenza affascinante che ricorda le preghiere. I tamburi in sottofondo. Domani l'Inter affronterà il Milan nella partita più importante della sua storia calcistica. Potrebbe essere quello che qualcuno - me compresa - non riesce ancora a pronunciare. Come siamo arrivati, fino a qui? Forse Inzaghi e i suoi ragazzi non hanno davvero avuto ancora modo di realizzare il percorso di questa stagione così ricca di cose belle in campo, un gioco fantastico, uno spartito interpretato da tutti i giocatori nerazzurri con il cuore e le qualità più opportuni. Una combinazione di lavoro, sacrificio e sentimento che ha letteralmente fatto impazzire il popolo nerazzurro. Per tutte queste cose, oggi, questo popolo si è presentato ad Appiano Gentile. Per tutto questo amore. Così ingombrante. Così commovente.
I giocatori, alcuni eccitati e altri un po' spaventati, hanno dovuto sfilare in mezzo alla folla nerazzurra festante per raggiungere il centro sportivo. Buchanan non aveva indubbiamente mai vissuto nulla di simile. Barella e Calhanoglu, leader incontrastati di questa squadra, sono arrivati in macchina con la faccia di due bambini divertiti che si stavano godendo il momento. Bastoni acclamato. Dumfries e Thuram scortati a piedi nel delirio di un pomeriggio che non si dimenticheranno. Inzaghi, che in conferenza ha dato prova - l'ennesima - di una saggezza e di una tranquillità invidiabili, oggi è stato il padre che accompagna i suoi ragazzi con la calma di chi ha imparato a stare in piedi nelle tempeste più brutte. Ha ragione, Steven Zhang. Simone Inzaghi è un dono. E anche oggi non si è tirato indietro. Ha portato la sua squadra in mezzo alla gente, per ringraziare il popolo del sostegno. Oggi è stata scritta una insolita pagina di calcio antico. Quando i calciatori, senza troppe barriere, si trovavano in mezzo alla gente e ai loro desideri di tifosi innamorati. Non eravamo più abituati a tutto questo. L'Inter lo ha reso possibile.
E quando la squadra si è mischiata alla Curva i desideri sono diventati cori, dichiarazioni d'amore, preghiere. Un grido urgente. Si è sentito l'odore della battaglia, quella contro i rivali della stessa città. Si è sentita la possibilità di scrivere la storia, come mai prima d'ora. Se lo sono meritati tutti in casa Inter. Sono arrivati fin qui tutti insieme. Facendo quadrare ogni singolo tassello. Stingendo i denti ed emozionandosi. Quello che succederà domani sera sarà un'altra storia. Una storia di campo. Quella di oggi, invece, è la storia di un popolo che si riunisce e prega. La preghiera più audace. La preghiera più bella.
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