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Inter sovrasta le chiacchiere dei giornali: Brozovic, Lukaku e Inzaghi, lezione di pazienza
C'è un'Inter che si ritrova in campo e che sovrasta il chiacchiericcio dei giornali con le prestazioni. Alla vigilia di Inter-Porto abbiamo respirato entusiasmo ma anche tanta concentrazione ad Appiano Gentile. La fretta di mister Inzaghi, che ironizzava su quanto noi giornalisti ci saremmo trattenuti per visionare i tradizionali 15 minuti di allenamento concessi ai media, era un segno dell'urgenza di voler provare con i tempi e i modi giusti la formazione più adatta. Senza dover per forza tergiversare con le telecamere, sbilanciarsi sui ballottaggi, anticipare l'11 che sarebbe sceso in campo. Il richiamo del campo, quello che alla fine determina se hai lavorato bene o male, è l'unica cosa che conta. Nel bene e nel male.
C'è un Marcelo Brozovic, che difficilmente si fa distrarre dalle chiacchiere sul suo conto. La sua prestazione contro il Porto - da subentrato - è stata incisiva e potente. Dal momento in cui è entrato le giocate si sono fatte più limpide nelle intenzioni, la squadra ha beneficiato della sua regia abile e veloce, la manovra si è fatta ancor più offensiva. La pazienza è la virtù dei forti. E questa Inter è stata enormemente paziente e ha retto i momenti di sofferenza con grande maturità, senza perdere la testa. Lautaro è stato preso di mira, spesso in maniera fallosa, ma come il Toro tutti hanno combattuto e lasciato sul campo ciò che avevano. Essere pazienti in quella maniera lì, intelligente e mai affannosa, non è facile. Ed è evidente come Inzaghi abbia lavorato nel dettaglio sull'attesa ordinata (e per nulla rassegnata) del momento migliore per colpire l'avversario. Senza perdere pezzi importanti. Con tutti i suoi uomini vigili e affamati. Ha fame, questa Inter. Bravo, mister.
Ghe pensa Lu, si dice a Milano. Ci ha pensato proprio lui, Romelu Lukaku. Un Big Rom che sulla pazienza ha dovuto lavorare in mille modi possibili. Quelli utili a non perdere la fiducia dopo un infortunio troppo lungo. Quelli utili a essere ancora il leader di quella squadra che - come ha detto ieri ai microfoni dopo la partita - è la stessa squadra di quando è arrivato per la prima volta all'Inter. La stessa Inter, che deve credere semplicemente un po' più in se stessa. E per farlo deve attraversare partite solide come quella giocata ieri davanti all'incredibile pubblico di San Siro. O come direbbe Mkhitaryan, per farlo deve costruire partite intelligenti. Lukaku ha segnato il gol della vittoria, ieri. Ma oltre al gol è stato bellissimo rivedere di nuovo i suoi movimenti che alzano il ritmo del gioco, che portano i nerazzurri lì dove devono sempre essere. A buttare la palla in rete ma anche a fare il salto di qualità, a superare i propri limiti, a cercare di salire un gradino in più rispetto a ciò che sembra fattibile. Sarà che Big Rom tutte queste cose è abituato a farle quotidianamente, "combattendo" con un fisico che - soprattutto dopo un lungo stop - reclama tempo per ritornare a funzionare nel migliore dei modi. Romelu è anche il fratello ritrovato, il gruppo ieri ha avuto complimenti principalmente per lui. I giocatori nel post partita lo hanno coccolato: da Onana (anche lui grandioso protagonista in porta, ieri) a Mkhitaryan l'attaccante belga è stato celebrato con parole per nulla di circostanza. Come quando una famiglia si ritrova nel suo momento di gioia e lo dice ad alta voce. Perché si ripeta ancora. Ieri Romelu è apparso quello delle fiammate di una volta, il Romelu che in questa Inter può e deve fare la differenza. Ghe pensa Lu.
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