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Ci eravamo tanto amati. O forse nemmeno quello. Il rapporto tra l'Inter e Luciano Spalletti, terminato a giugno dopo due stagioni concluse con altrettante qualificazione in Champions League, si è irrimediabilmente incrinato negli ultimi giorni, quando al tecnico di Certaldo si è palesata l'opportunità di sedere sulla panchina del Milan. Sulla carta, un affare per tutti: i rossoneri si affidano a un allenatore di sicuro affidamento, i nerazzurri si liberano di un ingaggio pesante, Spalletti può subito mettere in campo la sua voglia di riscatto. Non lo sarà per nessuno. E oggi le parti appaiono più distanti che mai. Il Corriere dello Sport ricostruisce gli ultimi giorni della vicenda.
LA POSIZIONE DI SPALLETTI - "Al centro della sua prima crollabile e poi incrollabile fermezza, il sentimento d'aver subito un torto grande. Troppo grande. Spalletti ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il giovane Zhang, ma quando quello si fa Pilato e gli dice che sì, gli vuole bene, ma che doveva concordare l'exit way con Marotta, Luciano capisce che il cerino gli è rimasto in mano, così corto che l'inizio e la fine coincidono.
"Come? Io vi porto per il secondo anno consecutivo in Champions dopo dieci anni di gramigna, mi mettete in croce come un fallito qualunque perché esco con Tottenham e Barcellona, io mi prendo patate e Wande bollenti, decapito capitani, vado a cercare Godin per giocare a tre dietro, il mio terzo anno, e vincere tutto e voi, tu, Inter, Marotta, flirtate con Conte, lasciandomi in pasto a uno spogliatoio che vede in me un dead man walking, Non solo, gli date il doppio di me, gli comprate venti giocatori e quelli scomodi li regalate a Cagliari e a Parigi! Vuoi fare il duro con me Beppe? Muoia Luciano e tutti i filistei! Mi piego, vado al Milan e quello si prende il merito d'avermi piegato? Non mi piego!".
Spalletti non vedeva l'ora di unirsi a Boban, Maldini e Massara per fare la guerra all'Inter, accettando l'idea che da lui, mister cinque milioni l'anno, avrebbero preteso il quarto posto. Impresa titanica, ma neanche tanto, per uno che, tra Udinese, Roma due volte, Zenit e Inter, ha centrato dieci volte su dodici la qualificazione in Champions. E ora? Si farà la sua vendemmia, stapperà il suo rosso e aspetta. Tranquillo, si fa per dire. Sessant'anni conferiscono una certa saggezza. E il Milan sta lì. Giugno non è lontano".
LA REPLICA DELL'INTER - "Calcoli e ripicche. Marotta e Spalletti non si sono mai presi (eufemismo). Quando apprende del suo arrivo all'Inter, l'uomo di Certaldo non nasconde la sua inquietudine. Il presagio della fine ha lo stesso odore di Antonio Conte. I due si lasciano male a giugno. Molto male. E, se allora i ferri erano corti, oggi volano schiaffi. Quando il Milan si fa sotto dopo aver avuto il sì di Spalletti, Marotta si dice disposto a pagargli 6 mesi. Spalletti ne vuole 12. Inflessibili l'uno e l'altro. Ballano 3 milioni, euro più euro meno. Se li deve accollare il Milan. Non se ne parla. L'uomo della strada fa fatica a capire: perché l'Inter rinuncia a risparmiare un anno di contratto di Spalletti e del suo staff? Masochismo? Che cosa? Una sfida a chi ce l'ha più duro? Calcoli e non solo. Marotta e soci considerano di pessimo gusto, diciamo non appropriata, la richiesta di Spalletti. Tanto più e tanto peggio per rinforzare poi una diretta rivale, ora boccheggiante, ma domani chissà? Spalletti ha la conoscenza e la follia giuste per rovesciare i tavoli (vedi la sua ultima Roma presa a gennaio e portata in Champions). Calcoli. I soldi da dare all'uomo di Certaldo sono già a bilancio. Poco male. Ripicche. Vuole stare due anni senza allenare? Si accomodi. Troverà una squadra alle condizioni giuste? Meglio ancora. I soldi che risparmieremo diventeranno plusvalenza".
IL MILAN - "La prima scelta è Luciano Spalletti. Pur di averlo, arrivano a svenarsi: gli propongono lo stesso contratto dell'Inter, due anni di contratto, cinque milioni l'anno. Uno sforzo enorme per i parametri attuali del Milan. Oltre, non potevano. Hanno provato anche a sentire l'Inter, ad ammorbidirla, hanno trovano Marotta, hanno trovato il muro: la differenza se la deve caricare il Milan. Fine dei giochi. Il Milan esce di scena, anche per una questione d'immagine: non possono star lì ad aspettare lo svolgimento delle beghe pubbliche e private di Inter e Spalletti, rischiando anche di perdere l'alternativa, Pioli".
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