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Si spengono le luci a San Siro e cala il sipario sul secondo derby stagionale. L'Inter saluta la Tim Cup nel peggiore dei modi, passando dai tempi supplementari, a tre giorni da uno snodo fondamentale per la stagione nerazzurra, che ora deve essere il principale pensiero per Luciano Spalletti e i suoi calciatori. Difficile però che il tecnico toscano riesca ad accantonare immediatamente l'amarezza per quanto visto stasera. Tante e tante volte ancora ripasseranno nella mente dell'allenatore le immagini che descrivono la lentezza nel venir fuori dei suoi e i troppi errori individuali che hanno portato alla sconfitta. La verità, al di là delle singole circostanze e degli accorgimenti da prendere su ognuno dei calciatori impiegati, è che nello staff tecnico nerazzurro si è insinuato il dubbio che qualcuno all'interno della rosa, soprattutto fra i senatori, fatichi ad alzare ulteriormente l'asticella per dar seguito a quanto di buono fatto da Brunico a dieci giorni fa.
Il copione sembra già scritto, sulla falsariga di quanto successo già troppe volte di recente a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno. Per chiarire il concetto basta rileggere le parole pronunciate al triplice fischio da Spalletti, neanche sfiorato da ansia e tutta una serie di fattori che rischierebbero di annebbiare la mente di chi ha proprio il dovere di restare lucido per provare a raddrizzare la nave prima possibile. Al netto dei fiumi di retorica, qualità e forma fisica sono certificate dai numeri che giorno dopo giorno continuano ad essere archiviati dalla parti di Appiano Gentile, ciò che più preoccupa però è la sensazione, corroborata dalle tracce di indolenza e appagamento che adornano la prestazione di qualcuno, che il raccolto sia già più che sufficiente per considerarsi soddisfatti da qui a fine stagione. L'Inter sembra già sazia quando in tavola però mancano ancora le portate più succulente. In camera caritatis, in attesa di novità dal mercato per trovare alternative a livello tattico, si cerca di capire dove sia finita la bava alla bocca di chi, soprattutto in avanti, si era dimostrato valore aggiunto di una squadra che, nonostante le difficoltà, continua ad avere un'identità, frutto del lavoro di una guida tecnica che ha tutte le carte in regola per far capire a chi ancora ne avesse bisogno che il blasone di un club non è soltanto un fardello da portare, ma una dose d'orgoglio da autoiniettarsi nei momenti più delicati, proprio come questo, dove riflessioni su modulo e tatticismi vari vengono decisamente dopo.
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