La Milano interista ha tirato tardi ieri sera. Lo ha fatto incurante di tutto e di tutti. Si è riversata fuori dallo stadio accendendo la città meneghina in un martedì sera, che segnerà la Milano milanista per molti anni a venire. Ha invaso le vie riempiendo la notte con i suoi cori, con i suoi vessilli ma soprattutto con il suo amore per l'Inter. Questa Inter ha iniziato a scrivere pagine di storia incredibili e lo ha fatto quando pochi di noi erano in grado di capirle e di leggerle nella giusta prospettiva. Un racconto romantico di un gruppo che non si è mai sfaldato e che, lontano dagli occhi di tutti, ha rigirato il suo destino. I successi vengono sempre da lontano, mai casualmente. Questa Inter ha fatto tutto con grazia e determinazione, dribblando gli sguardi scettici. 180 minuti di dominio assoluto contro la rivale di sempre hanno confermato che c'era chi sapeva che sarebbe andata così. Bisogna anche essere un bel po' visionari nel calcio. Visionari e folli. L'Inter di Simone Inzaghi è stata questo, finora. Una squadra caparbia, visionaria e anche un po' folle.
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Inzaghi plasma Inter visionaria e folle. E ferma così la centrifuga mangia-allenatori
Un po' folle come il suo allenatore perché nessuno ci ha creduto quanto Simone Inzaghi. I riflettori al fischio finale lo inquadrano circondato dallo staff già sfigurato dalla gioia per l'impresa compiuta. Lui ha quasi un mancamento, l'ebbrezza si chiama finale di Champions League (un regalo che mancava da 13 anni in casa Inter) e nella testa già risuonano le note orientaleggianti di Istanbul. È solo un attimo, poi anche Simone viene risucchiato nei festeggiamenti, negli abbracci e tutti vogliono dirgli grazie. Grazie per non aver mai perso il controllo di un ambiente come quello nerazzurro, dove pressioni e dramma sono folate di vento spesso insopportabili per chiunque. Dove vincere e andare avanti vale il doppio, perché doppia è la fatica. Dove le critiche arrivano sempre inesorabili. Non si dorme di notte e ci si arrovella quando i risultati non arrivano. Simone Inzaghi e questa Inter sono cresciuti insieme, in questa stagione. Questa Inter è una sua creatura al 100%. Glielo leggi negli occhi, che è andata così. Nei ringraziamenti al lavoro e al sacrificio del gruppo che lui ha saputo guidare, spronare e confortare quando per tutti la stagione era spacciata. Quel gruppo ha scelto di fare la guerra per questi colori e anche per lui. Glielo leggi negli occhi di Simone, che - terminate le interviste - si allontana con uno sguardo finalmente felice. In pace.
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In campo contro il Milan si è vista un'Inter che ha saputo alternare intensità a grande intelligenza nella gestione di tutte le fasi più o meno complicate della sfida. Nessuna di queste cose si improvvisa. La cura nel portare a termine i compiti tattici assegnati con rigore e senza sbavature, il sacrificio, il gioco aggressivo a cercare sempre di fare male. La convinzione di voler strappare il biglietto per la finale, perché l'Inter meritava di esserci. Ci ha creduto Lautaro, che prima di scendere in campo ieri ha fatto notare ai suoi compagni che proprio lì, su quel campo, c'era la possibilità di scrivere la storia. Ci ha creduto Onana, che anni fa ha giurato a se stesso che non avrebbe mai più avuto paura di giocare una finale. Ci ha creduto Gosens che ha raccontato dei tanti confronti nello spogliatoio, che hanno cementato la fiducia nelle loro indubbie qualità. Crederci fa sempre la differenza. Ogni giocatore di questa Inter si è messo a disposizione di un sogno più grande. Hanno fatto la loro parte anche i tifosi, adempiendo a strani rituali scaramantici per ingannare l'attesa insostenibile di questa partita. La Milano interista stamattina aveva occhiaie bellissime e non si era cambiata d'abito. Tutti oggi hanno indossato con orgoglio qualcosa di nerazzurro. La Milano interista ha capito che sognare in grande si può. Come direbbe Simone Inzaghi, la cosa fondamentale è crederci. Sempre.
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