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«Niente paragoni, noi eravamo speciali ed è ancora bello ritrovarsi e vestire il nerazzurro tutti insieme. La squadra di oggi ha caratteristiche diverse, ma è speciale a suo modo».
Allora, come le pare l’Inter che vola verso la seconda stella?
«Forte e agguerrita. Ho sempre pensato che nel calcio la cosa più bella, importante, quasi magica, sia la fiducia. Fiducia in se stessi e nei compagni. Sentirsi forti tutti insieme e, grazie a questo, esserlo poi in campo. Questa Inter è l’esempio perfetto di cosa significhi ‘fiducia’. Lo vedi nel modo in cui giocano, si cercano, credono in quello che fanno vincono. Hanno raggiunto uno status che permette di puntare a qualsiasi obiettivo: per lo scudetto il più è fatto e pure la Champions è possibile».
La macchina nerazzurra funziona così bene per merito di…?
«Del City! Potrei citare Inzaghi che sta gestendo tutto in una maniera fantastica, ma molto di quello che stiamo vivendo è nato nella finale di Champions. Per tutti il Manchester City avrebbe dovuto stravincere e invece ha rischiato… L’eredità di quella partita è stata importante a prescindere dal risultato: in quel momento tutto il mondo si è accorto di quanto questa Inter sia diventata matura. Prima di tutti, però, se n’è accorta l’Inter stessa: questa convinzione accompagna ora la squadra. In più, ha giocatori forti e funzionali in tutti i ruoli».
Partiamo dal capitano: è ormai al livello dei big europei?
«Non c’è dubbio: Lautaro è uno dei migliori in circolazione. Io penso che la sua maturazione non sia terminata perché ogni anno aggiunge qualcosa, non si accontenta mai. Ora segna sempre, ma a me è piaciuto soprattutto quando la palla non entrava: il modo in cui ha gestito i momenti difficili, nonostante la pressione esterna, è stato davvero da campione. Non è un caso che sia capitano e un punto di riferimento per tutto il mondo Inter: se riesci a raggiungere questo livello in un club così grande, devi essere per forza grande».
Si aspettava un Sommer così?
«Sono onesto, no… Mi ha stupito positivamente, è una sicurezza. Veniva dopo Onana, un portiere che aveva cambiato l’Inter col suo modo di far partire l’azione dal basso. Sommer ha preso il suo posto con semplicità, del resto non si passa al Bayern per caso: sostituire Neuer non è da tutti. Per le qualità che ha, Sommer è venuto fuori tardi: nel calcio capita, o forse, semplicemente, non si è guardato nella giusta direzione…».
In più, non gli arrivano poi così tanti tiri.
«La difesa interista è un muro e applica in maniera perfetta un sistema di gioco che le permette di rischiare poco, ma la bravura di un portiere da top team sta nella capacità di restare concentrato e farsi trovare pronto quando riceverà dei tiri. Succederà poche volte, ma succederà, e lì ti giochi la vita. Mou prima delle partite mi guardava negli occhi e mi dava la giusta carica: “Mi servi per due interventi, non di più…”».
La prossima in A è col Bologna di un altro fratello come Thiago Motta: sorpreso da quanto sia bravo?
«Una cosa è giocare bene e un’altra è capire come giocare bene. Molti calciatori eseguono gli ordini, ma non hanno presente ciò che stanno facendo. Perché si muovono in un modo o in un altro durante le partite. Thiago in campo leggeva benissimo ogni sfumatura del gioco: molti non lo capivano, si chiedevano come facesse a giocare nell’Inter o nel Barcellona uno così lento? Invece era strepitoso, con i piedi e soprattutto con la testa. Non avevo dubbi sul fatto che sarebbe diventato un grande allenatore. Lui e Cambiasso avevano una dote innata, erano portati per un ruolo di responsabilità, poi il Cuchu non ha scelto questa professione ma aveva tutto per sedersi in panchina. Quello che Thiago conosce, sa insegnarlo, altra dote del bravo tecnico. A Bologna ha trovato il posto giusto per farlo, con ottimi giocatori. Merita la qualificazione Champions».
La panchina dell’Inter è occupata, Thiago Motta rischia di andare su quella di una rivale…
«Posso solo dire che Thiago sia destinato al massimo. Senza nulla togliere al Bologna, è normale che prima o poi andrà in squadre più grandi».
E Atletico-Inter che sfida sarà?
«L’Inter deve combattere in modo intelligente, senza snaturarsi. Giocare: senza scoprirsi, ma palleggiando e tenendo il controllo come fa quasi sempre. L’Atletico sa fare male anche in ripartenza, ma il rischio maggiore sta paradossalmente nell’1-0 dell’andata. Avere due risultati su tre a volte condiziona psicologicamente, ma questa squadra è saggia, sa gestire questa situazione».
E se passa il turno poi che succede?
«Se passa, poi, nessuno sarà contento di giocarci contro. Giustamente».
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