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Lunga intervista concessa da Keita Balde ai microfoni di Quotidiano.net. L'attaccante senegalese dell'Inter ha affrontato così il tema del razzismo a due mesi di distanza dalla sfida con il Napoli: "«Sono fiero e orgoglioso del colore della pelle che ho e della razza che mi hanno dato i miei genitori, non cambierei mai. La mia famiglia mi ha insegnato ad avere buon cuore e rispetto per le persone. Siamo stati la prima generazione di neri in Spagna e non abbiamo mai avuto un problema, nemmeno da piccoli quando eravamo a scuola».
Senegalese, nato in Spagna e in Italia a 16 anni: lei è sicuramente un esempio per tutti di integrazione grazie al calcio. Perché non tutti riescono a vederla allo stesso modo?
«Il calcio è uno sport che può dare tanta speranza, che deve far sognare le persone. Deve essere uno spettacolo, uno show. Non si può pensare di andare allo stadio per sfogarsi di quello che accade nel resto della propria vita, insultando gli avversari. Purtroppo ultimamente vedo capitare spesso qualcosa del genere e sinceramente non posso che essere molto dispiaciuto per questi fatti».
Cos’ha pensato quando ha sentito gli ululati razzisti durante Inter-Napoli?
«Nel corso la partita, in realtà, non ho capito nulla di quello che stava accadendo contro Koulibaly. In quel momento ero un calciatore che stava pensando a giocare e non ho fatto caso agli avvenimenti. Mi è spiaciuto soprattutto perché è capitato proprio a Kalidou, che per me è un fratello. È brutto che accada in generale, ma lui è l’ultimo a cui vorrei succedesse se proprio dovessi scegliere».
Ne avete parlato all’interno dello spogliatoio?
«Certo. Ci siamo detti che è assurdo accada una cosa del genere nel 2019, a Milano, una delle città più sviluppate al mondo».
A lei è mai successo di ricevere lo stesso ‘trattamento’ di Koulibaly in passato?
«Personalmente no, ma quando ero a Roma e vestivo la maglia della Lazio è capitato qualcosa di simile, ovvero che i miei stessi tifosi prendessero di mira un compagno di squadra...».
Crede che il calcio italiano abbia un problema legato al razzismo?
«Credo esista un gruppetto di ‘ignorantelli’, in questo momento ancora minoritario. La mia paura è che partendo dall’essere minoranza queste persone intacchino qualcun altro. L’esempio che le faccio è che se ho un sacchetto con cinque mele e quella marcia è solo una, il pericolo è che possa rendere immangiabili anche tutte le altre».
Dopo quello che ha accaduto l’Inter ha reagito con una campagna che ha fatto il giro del mondo ripendendo i «Buu» che si sentivano negli stadi. Ha apprezzato quello che ha fatto la società contro il razzismo?
«Tantissimo, perché mi fa capire che a loro interessa prendere parte a questo processo di sensibilizzazione dopo quello che abbiamo visto durante Inter-Napoli. C’è attenzione per quanto successo, si vuole dare un segnale forte per far sì che non accada più e per far capire che l’Inter non è quel gruppo di persone che hanno fatto questo a Koulibaly. Spero che questo tipo di iniziative possano essere sempre più frequenti in tutta Italia perchè alla fine sono queste le cose che faranno cambiare il nostro mondo».
Secondo Samuel Eto’o, ex giocatore dell’Inter spesso in prima fila sul tema del razzismo, una soluzione potrebbe essere che tutti i calciatori di colore decidessero di non giocare. Lei è d’accordo?
«Penso che potrebbe essere un gesto. Lui ha esperienza di certe cose perché in Spagna gli è successo qualcosa di simile a Saragozza, quando giocava nel Barcellona in Liga. Credo però che la reazione dipenda da quello che senti in quel momento. Io, ad esempio, quando sono in campo penso solo a giocare».
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