Due volti di una stessa medaglia: l’Inter. Frank De Boer continua il suo lavoro per plasmare una squadra quanto più possibile vicina alla sua idea di calcio nel minor tempo possibile e non senza le pressioni tipiche di chi passa per la Pinetina. Sì, perché più che dedicarsi al linguaggio italiano il tecnico olandese dovrà adattarsi al calcio, italiano: Roma non è stata costruita in un giorno, è vero, serve pazienza, ma la sensazione, smaltiti i postumi della gara finalmente “stile Inter” dell’Adriatico, è che il tecnico olandese fatichi nell’intento, comune al suo predecessore, di definire un’identità alla sua squadra, adesso forte di una rosa da potenziale crack.
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Inter a due facce, ecco dove è migliorata. De Boer si prepara al test Higuain
Partita old style regalata ai tifosi e la sensazione che le idee dell'olandese e gli interpreti a sua disposizione possano dare il via a un campionato diverso
La differenza, rispetto all’esordio dell’Inter di Mancini dello scorso anno, è evidente: brutta ma cinica quella dello jesino, poco convincente, subito a inseguire ma potenzialmente forte quella dell’olandese. Almeno fino a ieri, quando finalmente qualcosa si è illuminato: un qualcosa che a conti fatti ha tutte le sembianze di Mauro Icardi, il re Mida spietato che ribalta un match ad un passo dal rovescio regalando alla squadra punti e serenità.
Punti e serenità, vittoria conquistata all’ultimo giro di boa, ma sono tanti i nodi da analizzare in merito al match di Pescara: bene Joao Mario, benissimo Handanovic, esageratamente impegnato dagli avversari e poco protetto da una difesa altissima, come dna olandese impone, ma che in Italia rischia di diventare un’arma a doppio taglio. De Boer si affida -finalmente, dopo gli azzardati esperimenti del Bentegodi- al 4-2-3-1, ma i dubbi riguardano un gioco dai ritmi sempre troppo bassi nella manovra che contro i delfini predilige per buona parte di gara le vie centrali, penalizzando Perisic e Candreva già poco sorretti da due terzini sempre meno all’altezza di un 11 potenzialmente agguerrito.
Il portoghese, per nulla intimidito dall’esordio, ha qualità e si vede: dispensa buoni palloni ma fatica a trovare una collocazione precisa in campo, a differenza di un Banega che tra le linee comincia a far intravedere il talento ammirato al Siviglia, imbrigliando la sua naturale anarchia tattica in favore di un’assistenza migliore lì in avanti. L’argentino dovrà solo evitare quei palloni sbagliati che ieri sono costati una traversa ed un goal subìti.
In generale, quella vista alla terza uscita stagionale è una squadra che ancora stenta a muoversi come tale, con tanti profili di primo livello ancora troppo imprecisi sotto porta ma che di passi avanti ne ha fatti eccome: da evidenziare un netto miglioramento a livello fisico e nell’atteggiamento, in campo e in panchina, con un triplo cambio tanto raro quanto efficace (vero e proprio messaggio lanciato alla squadra) che costa a Oddo un ribaltone e a Icardi le prime pagine dei giornali.
Pescara poi bello ma poco efficace, giovane e inesperto: quel ragazzo di nome Caprari, già nerazzurro, fa vedere le streghe a vari interpreti della difesa nerazzurra, mentre Bahebeck entra e segna, a differenza di Verre che non chiude il match dando il via alla debacle degli abruzzesi. Un errore grossolano di Aquilani e Gyomber pareggia il conto con quelli, troppi, di Banega e Palacio a tu per tu con Bizzarri, regalando all’Inter la prima vittoria in campionato.
Una boccata di ossigeno, una partita old style regalata ai tifosi, ma domenica sera al Meazza arriva la Juve, cosa non da poco considerando l’esordio in Europa League in tenuta “Sprite” di giovedì sera contro l’Hapoel Be’er Sheva. Si riparte da dove ci si era lasciati: Icardi e Handanovic, convinti che l'olandese lavorerà anche sul centravanti argentino, spesso indolente nella manovra e facilmente imbrigliato dalle difese avversarie. Ma se De Laurentiis ha fatto fuoco e fiamme per averlo un motivo ci sarà, e ieri sera il capitano non ha esitato a metterlo in mostra.
De Boer è tecnico esperto ed arguto, ama il possesso palla e gli interpreti del centrocampo sembrano essere quelli inclini alle sue idee, previa una linea mediana che in Italia dovrà necessariamente apparire equilibrata. Non in serata di grazia gli esterni, è vero, ma non può essere ascritta al tecnico ex Ajax l’incapacità dei terzini di regalare cross degni di nota nell’area avversaria. Restano poi svarioni difensivi da correggere ma occorre tempo, mentre i nuvoloni delle ultime settimane cominciano oggi a diradarsi lasciando spazio a concetti ed idee che potranno a breve regalare soddisfazioni, senza fretta ed esagerati applausi, specie se il prossimo avversario si chiama Gonzalo Higuain, vero e proprio test dell’ ”equilibrio nerazzurro”.
Con una società finalmente salda alle spalle, concreta dentro e fuori dal campo a differenza dell’Inter del tycoon indonesiano, allora reduce dal tonfo stramaccioniano e per nulla imponente sul mercato (da applausi la gestione dei casi Icardi e Brozovic da parte di Suning), la sensazione è quella di un’Inter che ieri potrebbe aver dato il via ad un nuovo campionato, previa un lavoro che richiede tempo (e si spera ancora poca) sofferenza. Ma dimmi cosa c’è di meglio.
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