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Meazza: leadership Partiamo da Meazza, il re di sempre. Peppin, così lo chiamavano a Milano, dominava con i fatti. Guida silenziosa, dribblava e metteva a sedere difensori e portieri, senza bisogno di andare oltre fuori dal campo. Esemplare, come esemplare è il comportamento del Lautaro capitano, l’uomo che ha rispolverato il senso di appartenenza nerazzurro.
Lorenzi: grinta Eccoci a Benito, il dispettoso per natura, tanto che un giorno la mamma inventò quel soprannome di “Veleno” che si è portato dietro tutta la carriera. E in campo sì, Lorenzi era velenoso. Era fastidioso per gli avversari. Come è fastidioso Lautaro, nel modo di non darsi mai per vinto, rendendo pulito e giocabile ogni singolo pallone.
Nyers: potenza Ancora indietro nel tempo, scorrendo la classifica. L’apolide nerazzurro era estro e forza miscelati alla perfezione. Se una caratteristica Lautaro l’ha rubata, è proprio la potenza (oltre che la precisione) nella conclusione in porta. Lautaro sa come far male anche dai 20 metri, sa come essere pericoloso ancor prima di entrare nel suo territorio preferito, l’area di rigore.
Altobelli: gol decisivi Da Spillo Lautaro ha rubato molto, pur essendo molto lontano nell’aspetto fisico. Altobelli è stato campione del mondo come il Toro, certo. Ma soprattutto, era uomo in grado di mettere in fila gol decisivi, importanti per il risultato. Si dice, giustamente: i gol non si contano, si pesano. Ecco, Lautaro ha questa caratteristica, proprio come Spillo.
Mazzola: completezza Disse Boninsegna, un altro che in questo parallelo c’è dentro per forza, che Lautaro oggi gli ricorda proprio Sandro Mazzola. Nella completezza del giocatore, perché Lautaro sa fare tante cose dentro una partita, proprio come Sandro sapeva insegnare calcio anche lontano dalla porta. L’avvio delle azioni di questa Inter passano quasi sempre dai piedi del Toro, con la giocata spalle alla porta a metà campo per aprire il gioco che è diventata ormai un cult.
Boninsegna: coraggio Eccolo, Bonimba. Si potrebbe accostare lui e Lautaro per il colpo di testa: né lui né il Toro arriva(va)no a 1,80 metri di altezza, eppure sono/erano un pericolo costante per i difensori sulle palle aeree. Ma, ancor di più, di Bonimba Lautaro ha preso il coraggio dentro l’area, la capacità e la voglia di buttarsi dentro nella situazioni più intricate.
Icardi: fiuto del gol I due sono stati compagni di squadra, per una stagione. Opposti in tutto, per la verità. Tranne che in un paio di caratteristiche. La prima, i gol in acrobazia. E soprattutto, il fiuto del gol è molto simile, la capacità di sentire odore di esultanza quando gli altri, quelli normali, neppure vedono la possibilità doi tirare in porta.
Vieri: progressione Christian e il Toro, infine. Ovvero il prossimo obiettivo di Lautaro, due reti più su. La potenza, nello specifico la progressione e la forza nel trascinarsi dietro i difensori: ecco, qui i due si assomigliano. Il Toro è una specie di mix perfetto. Ma tanto poi, se lo chiedete a lui, dirà che è bello sentirsi semplicemente Lautaro. E all’Inter va benissimo così.
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