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Prosegue, con l'analisi del momento della squadra, la conferenza stampa di Leonardo in vista di Inter-Genoa, gara valida per la 28^ giornata della Serie A Tim 2010-2011, in programma domenica pomeriggio (ore 15) allo stadio "Giuseppe Meazza" in San Siro a Milano. "Se mi aspetto un calo della squadra? Possono succedere tante cose: un risultato, un infortunio, una serie di situazioni che possono portare a stare bene o a stare male. La cosa importante è cercare di avere un controllo in percentuale alta delle cose in modo che questo calo non sia determinante o sia il più corto possibile. Bisogna riuscire ad avere una base in modo che, quando succede qualcosa, si abbia subito una reazione e il momento non diventi determinante". "Ho sentito dire che contro la Sampdoria abbiamo vinto soffrendo. Ma, secondo me, vincere soffrendo è diventato un luogo comune. Tutte le partite sono sofferte, principalmente in Italia in cui esiste una conoscenza calcistica di non far giocare. A parte poche gare che finiscono con scarto elevato, cosa che può succedere. Si soffrirà sempre, poi può capitare una partita facilità da singoli episodi che ti hanno aiutato a vincere in modo più comodo. Vai a giocare, ad esempio, contro la Sampdoria: una squadra che conosciamo bene, che ha avuto problemi quest'anno e che la passata stagione ha vissuto un'annata tra le migliori degli ultimi 15 anni. Soffrire è forse vincere 2-0 lottando e restando sempre in partita. Però si è vinto e lo si è fatto mettendo quello che doveva per ottenere un risultato positivo. Dobbiamo migliorare la continuità nei novanta minuti, questa è per noi è una ricerca continua. Anche se la risposta, in generale, è stata sempre positiva. Non ho l'obiettivo di non prendere gol, anche se nelle ultime tre gare abbiamo subito solo una rete. Per vincere si deve avere almeno un gol di scarto sull'avversario e, per farlo, si deve rischiare almeno tre-quattro volte. Si cerca l'equilibrio, ma c'è un'idea di gioco di una squadra che vuole vincere".
Leonardo ha dimostrato subito, sin dalla prima gara, di aver stabilito una grande empatia con la squadra. Quale il suo segreto?: "Stabilire rapporti è la cosa più difficile nella vita - risponde il brasiliano -, ed è difficile mantenere le cose equilibrate per un lungo periodo. Soprattutto in un ambiente come il nostro nel quale succedono un miliardo di cose al giorno e l'umore delle persone va veramente preso con le pinze. Non voglio fare il ruffiano, ma ho avuto tantissimo dalla squadra. I giocatori non sono ragazzini, anzi a volte sono sottovalutati perchè non si considera la grande pressione sotto la quale costantemente vivono. Vediamo dall'esterno la parte bella del loro lavoro, ma spesso non si considera la parte psicologica che è massacrante. Il calciatore è un punto di riferimento per tutti: famiglia, città, amici, paese. Il calciatore secondo me è sottovalutato per quello che riesce a gestire. Uno che gioca nell'Inter, ad esempio, gestisce il mondo. E non devono essere trattati da bambini, io non lo faccio. Deve essere un rapporto più semplice possibile con delle persone che hanno un obiettivo. Poi ognuo e diverso e io devo gestirli tutti e fare le mie scelte: litigherò con qualcuno, anzi l'ho già fatto e ho anche già fatto la pace. La vita è così, è una cosa naturale".
Maicon, che spesso negli anni passati sembrava un po' sopra le righe, pare davvero trasformato?: "Se smettesse di ulrale mi preoccuperei. Lo voglio vedere urlare e mandare chiunque a quel paese. Perchè? Maicon è così e, quando è così, c'è ed è al cento per cento. Voglio persone felici e ognuno vive al meglio se mantiene le sue doti di personalità. Cerco di metterli nelle migliori condizioni possibili in modo che possano esprimersi meglio".
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