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Il Triplete, l'Inter attuale e José Mourinho. Sono alcuni dei temi affrontati da Lucio intervistato da Il Posticipo. A proposito dello Special One, l'ex difensore dichiara: "Mi piace il suo carattere. Ho imparato molte cose all’Inter insieme a José, ad esempio come gestire uno spogliatoio. Fare l’allenatore è difficile, bisogna lavorare con tanti giocatori forti e famosi che provengono da culture diverse: all’Inter c’erano brasiliani e argentini, Eto’o camerunense e Sneijder olandese. Mourinho ha fatto un grande lavoro: è stato lui l’artefice dei successi del 2010 e di quella Inter che ha vinto tutto".
Che cosa è rimasto del Triplete 10 anni dopo? Avete una chat in comune tra ex compagni?
"Siamo stati un gruppo indimenticabile e per questo motivo siamo sempre in contatto. All’Inter ho giocato con tanti amici come Zanetti, un esempio per tutti i calciatori. Poi con gente di spessore come Sneijder ed Eto’o, Julio Cesar e Maicon che sono amici. Abbiamo in comune un’esperienza stupenda: quella Champions è stata un regalo di Dio. Vincerla è il sogno di tutti i giocatori. Quando sono arrivato in Germania nel 2001 sentivo parlarne sempre. Era così anche al Bayern: loro vincono il campionato ogni anno, per questa ragione l’obiettivo numero uno è la Champions. Tutti i calciatori che giocano in Europa sognano di vincerla. Poi l’Inter ha fatto il Triplete nel 2010: nessuna squadra italiana ci era riuscita prima. Esserci riusciti ha segnato la vita di tutti noi e continueremo a festeggiarlo anche quando saranno passati 15 e 20 anni".
Quale è stato il momento più bello vissuto con l’Inter nella Champions del 2010?
"Per me la finale col Bayern. Io scherzavo con la mia famiglia dicendo che non avrei mai vinto la Champions perché era una competizione troppo difficile: più di 30 squadre in gara, un percorso duro per andare in finale. Nel 2010 ce l’ho fatta e mi sono ritrovato di fronte il Bayern con cui avevo giocato fino al 2009, prima che arrivasse van Gaal in panchina: lui non mi voleva, così ho deciso di trasferirmi all’Inter".
Com’è stato vivere quella serata al fianco di Mourinho?
"José voleva vincere con tutte le sue forze come sempre e questo lo rendeva speciale. Mourinho parlava tanto con noi, sapeva come motivarci. È stato un bel momento per tutti, abbiamo provato grande soddisfazione. Abbiamo fatto quello che tutti sognavano: era da 45 anni che l’Inter non vinceva la Champions, eravamo felici per quello che avevamo fatto. È stato importante per tutta la squadra aver trionfato quella sera".
Le dispiace per come è finito il rapporto tra lei e l’Inter?
"Sì, io non volevo lasciare l’Inter, ma la società voleva cambiare tutto. I giocatori del 2010 sono andati via e chi non lo ha fatto non si allenava con la squadra principale, ma da solo. Chi comandava voleva che ce ne andassimo: non ho mai capito il motivo. Nell’estate 2012 quando sono arrivato in Brasile ha cominciato a chiamarmi ogni 15 minuti Marco Branca per dirmi che dovevo trovare un’altra squadra. Quando le pressioni dell’Inter si sono intensificate un giorno è arrivata la proposta della Juve: la prima volta dissi ‘no’. Quando mancavano cinque giorni alla chiusura del mercato mi ha chiamato Conte. Mi volevano perché Bonucci rischiava una squalifica di due anni per calcioscommesse. Il mio ex rappresentante mi consigliò di andarci visto che l’Inter mi voleva mandare via. Non avevo altre opzioni: la mia famiglia viveva in Italia e decisi di accettare. Nelle prime 2-3 settimane a Torino però ho capito che era stata una scelta sbagliata: andare alla Juve è stato un errore".
Che cosa ne pensa di Conte all’Inter?
"La situazione che si è creata alla Juve quando c’ero io era comprensibile perché c’erano sei difensori della Nazionale italiana in rosa: Conte non avrebbe mai lasciato fuori uno di loro per mettere me, uno straniero. Lo considero un buon tecnico, sta facendo un buon lavoro anche se quando guardo le partite e lo vedo penso che non abbia la faccia e il Dna dell’Inter. Questa è una mia opinione ovviamente".
Che rapporto aveva con Mario Balotelli? Che cosa era andato storto nella semifinale Inter-Barcellona?
"Mario era giovane, aveva una personalità forte e voleva giocare sempre. Un calciatore però deve rispettare l’allenatore e le sue decisioni. Mario è una persona buonissima e ha un grande cuore però quella volta ha sbagliato: non doveva mancare di rispetto a Mourinho e quindi a tutta la squadra. Da tempo il Barcellona non perdeva subendo tre gol. Quando è entrato in campo Balotelli ha calciato via un pallone che avrebbe potuto portare al quarto gol: eravamo in contropiede. Mario non aveva voglia di giocare e di correre: per questo tante gente si è arrabbiata con lui. Avremmo potuto chiudere il discorso qualificazione: il 3-1 era un buon risultato, il 4-1 sarebbe stato buonissimo per andare a giocare Barcellona con più tranquillità. Zanetti, Materazzi e Mourinho sono stati duri con Mario che all’epoca era molto giovane: per questa ragione la squadra ha compreso la situazione e non è sorto un problema ancora più grande".
(Il Posticipo)
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