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Non è sempre stato facile per lui. Romelu Lukaku ha capito prestissimo di voler diventare un campione e aiutare la sua famiglia di origini congolesi e insediata in Belgio. In una cucina, alla periferia di Anversa, la povertà diventa per lui uno stimolo: «Capii che eravamo a terra, compresi che dovevo diventare un campione». E questa missione lo accompagna e sostiene in ogni momento della sua carriera. Ai microfoni di Vogue Uomo Romelu si racconta e parla del soprannome che gli avevano dato mamma e papà ma anche degli allenamenti con Antonio Conte, che tre volte alla settimana lo lasciava solo davanti alla macchina spara-palloni, di quelle usate per addestrare i portieri, alle prese con missili a 50 chilometri l’ora che lui doveva domare e poi smistare a compagni immaginari. Ma Lukaku non è solo un calciatore, è anche un brand ambassador che rappresenta fantastici marchi di moda e ama vestirsi bene. Lukaku è tante cose e questa intervista ne svela alcune.
"Fino a poco tempo fa avevo tratti quasi infantili? È vero, tratti da bambino direi. E mio fratello Jordan ancor di più, ma compensava con la capacità capacità di lanciare sguardi aggressivi, mentre io nella vita sorrido sempre, e appaio felice anche se attraverso momenti difficili, di cui infatti non si accorge nessuno. Allo scoccare dei vent’anni ho deciso che ne avevo abbastanza della babyface, che mi rinfacciavano persino le ragazze con cui uscivo. E ho fatto crescere questa barba. E insieme a lei, la mia mascolinità s’è espressa con più forza. Fino ai 22 anni sono sempre stato il più giovane in ogni squadra in cui giocassi, e volevo apparire più maturo. Vivevo ancora a Manchester quando un giorno dissi a mia madre: vado a rasarmi i capelli. Lei non ci credeva, e invece l’ho fatto. Barba e capelli a zero. Un nuovo inizio. Per un uomo l’apparenza è importante. Sono sempre stato molto sicuro di me stesso ma a un certo punto ho capito che era importante che questa sicurezza la vedessero anche gli altri. Quando accade, tutto migliora: le relazioni personali, le storie d’amore, le relazioni professionali. Devi trasmettere serietà. Ad apparenza eccellente corrisponde prestazione eccellente", racconta Big Rom a proposito del suo aspetto e della sua immagine. "L'elettricità percepita intorno a un uomo è importante anche per la sua anima, chi me lo ha insegnato? Mi è stato sufficiente osservare giganti come Michael Jordan: sempre impeccabile. Persino nel concedere le interviste dopo le partite: mai in tuta, mai sciatto, sempre in abito, perfetto e a suo agio. Anche Cristiano Ronaldo in questo senso è un esempio. O David Beckham, se vogliamo parlare del passato. A mio modo cerco di fare la stessa cosa. Voglio che mi si veda, che mi si senta. Che incontrandomi si pensi: ecco, questo è Lukaku".
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