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Marotta: “Basta spese folli. Sì a Serie A a 18 squadre, no a Mondiale biennale. E DAZN…”
Il calcio vive un momento di grande difficoltà, in una fase storica decisiva per il futuro del pallone mondiale. Dalle decisioni future dei governi dipende gran parte della salute dello sport più popolare al mondo. Beppe Marotta, amministratore delegato dell'Inter, ne è ben consapevole e da tempo si è fatto portavoce dei problemi del calcio. Ecco le parole del dirigente nerazzurro al Corriere della Sera:
«All’estero esistono i ministeri dello Sport. In Italia lo sport non è considerato rilevante nell’economia del Paese. Il Covid ha portato una perdita di 1,2 miliardi alla serie A. Al governo ci siamo rivolti non per un ristoro, ma per un differimento delle imposte. A noi è negato qualsiasi aiuto».
Tre input per risollevarsi?
«Valorizzazione delle proprie risorse, contenimento dei costi e incremento delle strutture. Non vince chi più spende, meglio far vivere il valore della competenza. Un tempo i presidenti furono definiti “Ricchi scemi”. Non ce ne sono più, il mecenatismo è morto. Servono proprietà competenti, stabilità e continuità. Anche a danno dei risultati sportivi».
La storia dei fondi si porta dietro la Superlega.
«La Superlega è un grido d’allarme, di disperazione, di alcune società con un forte obiettivo competitivo. Va rivisto il modello organizzativo».
Il calcio come cambierà?
«La Champions nel 2024 aumenterà di 100 partite. La Fifa vuole il Mondiale biennale: ma la tutela delle società dov’è? Se ti do un giocatore per due mesi perché devo pagarlo io? Sono contrario al Mondiale biennale. Significa limitare le attività dei club e aumentare l’usura e il rischio di infortunio dei calciatori».
Vanno rivisti i format dei campionati?
«Si deve scendere a 18 squadre e non solo. Le leghe inferiori stanno in piedi grazie a un concetto mutualistico di assistenza. Per le leghe minori si potrebbe reintrodurre il semiprofessionismo».
Giusta la scelta della Lega di vendere i diritti a Dazn?
«Le società devono ottimizzare la vendita, ma la tutela del prodotto è importante. Va garantita la diffusione e la bellezza dello spettacolo. Oggi il backstage è quasi più importante della partita. La serie A ha perso appeal, è un campionato di transizione, Lukaku docet. Il campione arriva e va via, prima restava».
(Fonte: Corriere della Sera)
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