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Al tifoso interessa il risultato nel breve periodo, ma una società vive anche sulla lungimiranza. E' stato chiesto a Marotta, ad nerazzurro, presente all'evento Le sfide del Calcio che si è tenuto a Venezia, come si fa a far convivere insieme i risultati nel breve periodo e quelli nel lungo periodo e questo è quanto ha detto il dirigente nerazzurro: «Se prendessimo cento tifosi di una determinata squadra che escono dallo stadio e chiediamo se si vuole una società che vince ogni domenica ma ha delle difficoltà economiche o se si preferisce una squadra sana a livello economico ma che pareggia o perde spesso, i tifosi al 99% ci diranno che vogliono una squadra che vince. Si parte da un fatto culturale, di educazione e formazione che in Italia non c'è. La dimostrazione è la grande pressione che accompagna i club, le pressioni nascono dopo la partita, nelle sconfitte, nei talk-show che poco hanno di costruttivo ma molto hanno di critica e spesso si tocca in maniera lesiva il lavoro degli addetti ai lavori, siamo in un contesto critico. Si deve creare un movimento sportivo che abbia a che fare con la cultura della sconfitta, qualcosa che in Italia è visto male rispetto ad altre realtà, come in Inghilterra, dove i tifosi restano anche da sconfitti allo stadio. Bisogna sensabilizzare alla cultura calcistica. Il fenomeno calcio in Italia non è vissuto con la stessa continuità di altri Paesi. In Spagna le società sono polisportive, con centinaia di soci che garantiscono la continuità dei club. In Germania i proprietari stranieri non possono avere quote di maggioranza dei club e questo porta a senso di appartenenza e ad una struttura di competenza formata. Se accanto agli investimenti abbiamo una struttura fatta di competenza si rischia di sbagliare meno. Senza continuità aziendale non c'è progettualità, ci sono pressioni che non fanno lavorare bene e i bilanci delle società a volte sono settimanali e sono legati ai risultati della domenica. Se c'è tranquillità invece si può lavorare bene. Invece succede che il destino di un allenatore è legato ai risultati e non mi sembra giusto perché quella dell'allenatore è una figura dal ruolo importante, è un dirigente fondamentale per lo sviluppo, ma è soggetto a critiche e tensione e rischi di esonerare l'allenatore anche quando ha grandi capacità per i condizionamenti della piazza. La prima cosa che bisogna insegnare ai tifosi è capire in quale contesto agiscono e vivono quelle emozioni forti che vanno ogni tanto anche razionalizzate».
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