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Mkhitaryan: “Inzaghi mi schiera sempre? Un piacere giocare così tanto. Alla festa scudetto…”

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Nel corso dell'intervista concessa a La Stampa, Henrikh Mkhitaryan, centrocampista dell'Inter, ha raccontato anche aspetti più intimi
Marco Macca Redattore 

Nel corso dell'intervista concessa a La Stampa, Henrikh Mkhitaryan, centrocampista dell'Inter, ha raccontato anche aspetti più intimi di sé e della sua storia da calciatore. Ecco le sue parole:

Mkhitaryan: “Inzaghi mi schiera sempre? Un piacere giocare così tanto. Alla festa scudetto…”- immagine 2

I compagni la prendono in giro perché Inzaghi la fa giocare sempre?

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«Abbiamo scherzato su uno striscione esposto durante la festa per le strade di Milano: “Mkhitaryan più dieci”. È un grande piacere giocare sempre. A questa età non è facile».


Un altro striscione l’ha restituito.

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«Merito anche di Mario Cecchi, collaboratore di Inzaghi. Mi ha spiegato il significato di “milanista chiacchierone”. Non ho voluto alzarlo perché era la festa per il nostro scudetto, non contro il Milan».

Il suo modo di giocare piace a prescindere dal tifo.

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«Gli allenatori mi hanno esaltato fin da piccolo. Dicevano che avrei giocato nelle squadre migliori d’Europa. Ho sempre cercato di fare le cose semplici per il bene della squadra. Ora anch’io godo del mio gioco. Mi sono sempre lasciato guidare dall’amore per il calcio».

Qual è stata la scintilla?

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«Mio padre Hamlet. Giocava in Francia in una squadra di calciatori di origine armena. Mi ha dato la spinta a voler arrivare in alto», ricorda Henrick parlando del papà scomparso ad appena 34 anni. Suo figlio di 4 anni porta lo stesso nome, poi c’è Lilia di 10 mesi. «Ho scelto la mia strada senza pensare ai soldi, sapendo che avevo abbastanza per sostenere la mia famiglia. Non c’erano cinesi o sauditi, ma non andrei mai in quei campionati. Ho imparato tanto da 4 mesi al San Paolo a 13 anni. La mia squadra armena, il Pyunik, organizzava scambi con il club brasiliano».

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Lucescu, Klopp, Wenger, Mourinho: cosa le hanno insegnato questi grandi tecnici?

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«Mi hanno fatto crescere come persona. Ho capito che prima ero troppo gentile. Adesso non sono cattivo, mail mondo del calcio ti obbliga a essere un po’ bastardo. Tutti vogliono arrivare al top: non è un ambiente così bello come tutti pensano».

Quando parla di Wenger, le brillano gli occhi.

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«Mi ha colpito al primo incontro. Conosceva la situazione di ogni Paese. Mi ha parlato della storia dell’Armenia. Ci ripeteva: “Dovete essere padroni delle vostre scelte e sentire il piacere di giocare”. È stato un romantico del calcio. Adesso che lavora per la Fifa gli direi che calciatori e allenatori devono essere più coinvolti. Chi non ha mai giocato non può sapere cosa serve».

Giocare a scacchi aiuta sul campo da calcio?

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«Insegna a pensare in anticipo, come bisogna fare in campo. Mi applico seriamente da quando ho 20 anni e sono migliorato come calciatore. Gioco on line quando non riesco a dormire, dopo le partite. Sto studiando nuove tattiche su libri e siti specializzati».

(Fonte: La Stampa)

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