Di quella squadra della prima stella è rimasto legato a qualcuno in particolare?
«Avevo un affetto speciale per Mario Corso, persona squisita e molto legata alla nostra famiglia. Oltre che calciatore straordinario. In quel campionato poi Facchetti segnò 10 reti, quasi tutte in partite importanti. Col Cipe poi si creò un rapporto ancora più speciale. Un vero amico che mi manca ancora tanto».
La squadra di Inzaghi gioca un calcio più bello rispetto alla Grande Inter?
«Per come sta in campo, questa Inter è abbastanza unica. Ti diverte sempre, non regala un calcio lento e noioso come fanno altre. Anche se un paragone tra epoche così lontane è impossibile, tanto che non ne ho mai fatti nemmeno tra i singoli giocatori di allora e di oggi, quello di Herrera per certi versi era il calcio più bello del mondo. Andava in porta con tre passaggi...
Ora sarebbe impossibile». Cosa risponderebbe a chi dovesse dire che l’Inter di scudetti ne ha vinti 19 e non 20?
«Che senza tutto quello che sappiamo saremmo già a quota venticinque».
Quanto le è piaciuto vincere la stella proprio nel derby?
«Il derby è sempre una partita speciale. E il match dell’andata aveva insegnato che se l’Inter gioca da Inter non c’è partita».
Quanto le è piaciuto vincere la seconda stella prima del Milan?
«Questa sì che è una gran bella cosa».
Che giudizio dà alla stagione dell’Inter?
«Molto positivo. La seconda stella al termine di un campionato dominato mitiga la delusione della Champions, competizione crudele in cui si può andar fuori per un nulla. Delusioni che bisogna accettare. Pensi al City che col Real ha attaccato per 120 minuti ed è uscito...».
Che emozioni le suscita questa stella. Quanto la sente anche sua?
«Essendo una somma di scudetti, mi fa piacere aver contribuito».
Chi è l’uomo simbolo di questo scudetto?
«Barella. Forse anche perché è il primo che viene in mente, essendo ovunque in campo. Ma è davvero di tutti, di Dimarco che è l’interismo fatto persona, di Calhanoglu e Mkhitaryan che hanno fatto una stagione stupenda, di Lautaro che è una forza della natura».
Herrera e Inzaghi cosa hanno in comune?
Ride. «Praticamente nulla. Inzaghi ha qualità tutte sue che gli permettono di far giocare bene la squadra e di tenere unito lo spogliatoio. Herrera era un vulcano».
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