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In molti stanno conte stando la possibilità di Inter e Milan di costruire un nuovo impianto e di abbattere San Siro. Tra i contrari alla demolizione del Meazza c'è anche l'ex presidente nerazzurro Massimo Moratti. Queste le sue parole a Il Giorno:
Presidente, che idea si è fatto sul destino dello stadio?
«Mi spiace davvero che si stia pensando di abbattere San Siro, per una doppia ragione: la prima concerne la visibilità e la comodità di uno stadio come quello di cui parliamo. Sembra di essere ad un cinema o ad un ristorante, la partita te la vedi benissimo, come fossi nel salotto di casa. La seconda ragione è di tipo sentimentale. Qui non parliamo solo di una struttura sportiva ma di qualcosa che fa parte della storia di Milano e dei milanesi».
E invece proprio Milan e Inter pare siano d’accordo sull’idea di traslocare e giocare in un impianto di proprietà dei club...
«Questo è comprensibile ed accade quando ci sono società private di mezzo. È giusto che ci sia la libertà di decidere pensando al proprio business, perché non sempre il cuore prevale sul portafoglio...»
Del resto anche lei nel 2005 fu tentato dall’idea di lasciare San Siro per gli eccessivi costi di gestione..
«C’è stato un momento in cui ho tentennato. C’erano dei cinesi pronti a investire per uno stadio tutto nuovo, perché loro erano convinti che in questo modo ci sarebbe stata maggior attrazione anche per un turismo cinese di massa. Ma quella “tentazione” durò l’arco di una mattinata e poi svanì, ai cinesi interessava solo lo stadio. In compenso fu altro ad affascinarmi...».
Ci spieghi...
«Ho sempre creduto che il progetto di Boeri (l’archistar ed ex assessore comunale Stefano, ndr) fosse molto buono, perché sfruttava tutti gli spazi. E in quel momento c’era una grande attenzione per uno stadio polivalente, che avesse al suo interno un centro commerciale, spazi ricettivi come alberghi, ristoranti e negozi, uno spazio concepito come l’Amsterdam Arena o l’Allianz Arena di Monaco per capirci. E poi un quarto anello con spazi verdi, servizi al quartiere, aree vive non solo nei giorni di partita. Un progetto più che fattibile, come quello del 2008 e che riguardava un San Siro ancora in condivisione tra Inter e Milan ma con due ingressi permanenti e distinti».
Ricorda la sua prima volta a San Siro?
«Certo, era il 6 novembre 1949 e avevo quattro anni, il giorno del derby Inter-Milan. Finì 6-5: ero andato lì con mio padre e mio fratello, e da quel giorno sarebbe diventata la nostra consuetudine, visto che in settimana si parlava solo dell’appuntamento della domenica. Di quella partita ricordo la sofferenza e la gioia finale ma pure il freddo... anche se a noi bambini facevano trovare la stanza riscaldata».
Che effetto le faceva quel San Siro visto con gli occhi del bambino?
«Era non bello, ma bellissimo. C’era un solo anello, sembrava quasi di vedersi la partita in campo. Poi il secondo anello lo ha reso più forte, più aggressivo...».
Oggi, invece, è diventato un peso ingombrante... e costosissimo
«Ma io eviterei di mandare le ruspe, lo ripeto. E questo perché anche avere due stadi male non fa... se hai due proprietà, quell’impianto da 60mila posti sarà sempre tutto nuovo e può cambiare faccia più velocemente. E poi devo dire anche economicamente può valerne la pena, si spende di meno. Abbattere i costi non vuol dire dover abbattere San Siro che resta uno stadio magnifico».
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